ESSERE CARITA'

In apertura del Congresso Gen-2 1971, al quale hanno partecipato e collaborato anche i gens della segreterìa centrale di Grottafer­rata, Ch. Lubich ha tenuto una conversazione programmatica dove traccia la linea di vita che dovrebbe caratterizzare l'intero Movimento Gen durante quest'anno. La riproduciamo pressoché integrale.

Uno dei miei compiti nei vostri confronti è quello di tramandarvi intatta, brano a brano, la spiritualità che Dio ci ha donato, la stessa che deve animare le tre generazioni: i Gen-I, i Gen-2 e i Gen-3.

Ebbene, per avviarci all'argomento che vorrei vedere con voi quest'anno, vi esorto a guardarci attorno nel mondo.

Fra i nuovi fermenti dell'epoca moderna ce n'è uno particolarmente signi­ficativo che investe tutti i settori della società. Non è delimitato da confini o cortine; non è circoscritto a gruppi particolari, né è un fenomeno locale o provvisorio. Al contrario esso è ormai un fatto storico e sociale di portata uni­versale, e cioè la tendenza a considerarsi come gruppo e non più come individui isolati: la corsa innarrestabile dell'umanità verso le forme più varie di vita comunitaria, dai kibbutz d'Israele, alle « comuni » della Cina, dalle convivenze degli hippies ai gruppi studenteschi; dalle organizzazioni internazionali e so­vranazionali, ai movimenti di solidarietà per il terzo mondo.

L'esigenza del nostro tempo: vivere insieme

C'è qualcosa che accomuna tutte queste forme di vita collettiva, che tra­scendono la nazionalità, la religione, la razza e lo stesso possesso egoistico dei beni.

E' una spinta nuova, determinata in parte da fattori politici e religiosi, o semplicemente da ideali di fraternità universale, profondamente sentiti soprat­tutto dai giovani.

Non è un fatto romantico quello a cui assistiamo, e voi lo sapete, ma una vera concreta esigenza di far partecipi gli altri dèi beni che si possiedono, di costruire insieme un mondo nuovo nel quale come prima cosa si abolisca la ingiusta distribuzione delle ricchezze.

E infatti, al giorno d'oggi, la comunione dei beni, una distribuzione di essa più equa tra persone e popoli, risulta la più credibile testimonianza di amore verso l'uomo.

E' una riscoperta — non importa se inconsapevole, deformata o persino eretica — della visione del mondo come ce l'ha data il cristianesimo al suo primo sorgere.

E' un segno dei tempi.

Se ci si trova poi a contatto coi problemi del mondo cristiano, si sa che lo slogan di tutti i movimenti nuovi è: « Ritorno alle origini », « guardiamo alla Chiesa Primitiva ».

Lo stile Gen: come i primi cristiani

Ebbene: è in questo contesto cosi sintomatico, è su questo sfondo che è nato il Movimento Gen. Esso non ha detto, non ha gridato: ritorno alle origlili. Lo ha fatto. Il Movimento Gen senza proporselo, ha assunto uno stile di vita sul tipo di quello dei primi cristiani. E ne ha colto, io penso, il fulcro prin­cipale, la radice, lo spirito più autentico e le manifestazioni più caratteristiche.

Permettete allora che facciamo insieme un piccolo confronto fra la vita dei primi cristiani e il Movimento Gen.

Quale era il primo insegnamento che un membro della comunità cristiana imparava a vivere? L'amore.

L'amore era il primo ed unico comando di Gesù e anche la prima esperienza del cristiano.

Che cos'è il Movimento Gen? Come è nato?

Come una rivoluzione d'amore. La sua vita, la sua esperienza è amore di­spiegato: la rivoluzione arcobaleno.

Ma cos'è quest'amore?

L'amore che i primi cristiani possedevano, come tutti i cristiani, e come noi, è una realtà cosi mirabile, così unica, che può avere un'influenza ed un'incidenza sulla umanità non paragonabile nemmeno lontanamente alle pos­sibilità di qualsiasi altro amore umano. Il fatto è che l'amore cristiano — e qui è la meraviglia — a differenza di tutti gli altri amori che la terra conosce, non è di origine terrena. I cristiani essendo figli di Dio, per il battesimo, amano con lo stesso amore di Dio. Possiedono il fuoco che Gesù ha portato sulla terra e con esso hanno la possibilità di trasformare radicalmente se stessi e coloro che ne vengono sfiorati, poi investiti e infine travolti.

Voi conoscete, immagino, qualche effetto di questo fuoco. Non di rado, in­fatti, i Gen stessi sono testimoni dei profondi cambiamenti o conversioni che esso produce. Giovani drogati, imputriditi dall'erotismo, divenuti rifiuto della società, donne perdute, famiglie distratte, ergastolani, ritrovano, al contatto con questo fuoco la forza di ricominciare una vita nuova e a volte persino lo slancio verso le più alte mete. Sono i miracoli dell'amore divino che nessuna filantropia, nessun amore, frutto dell'umanesimo in corso, sarebbero in grado di produrre.

L'amore umano infatti tocca l'uomo, ma non lo trasforma.

E voi capite che, trasformati gli uomini, è trasformata la società, le sue leggi, i rapporti fra gli Stati, è assicurata la pace.

Primi nell'amare

Dalla Scrittura risulta che quest'amore divino ha caratteristiche sue incon­fondibili: si estende a tutti gli uomini e ama per primo.

Ebbene, veniamo al raffronto: non è così forse anche l'amore che voi possedete?

« Che tutti siano uno » è il vostro motto. E quindi il vostro è un amore universale. Inoltre, se siete Gen, partite sempre all'attacco, amando per primi. Voi forse non lo sapete, ma tutto ciò vi è possibile perché portate in cuore un amore di origine divina.

L'amore verso il prossimo poi che avevano i primi cristiani, cosi come quello dei Gen, si esprime concretamente, a fatti, — vedi operazione, Africa —, però per esser autentico deve poggiare su un preciso atteggiamento spirituale e cioè sulla carità con tutte le sfumature elencate da Paolo: longanime, benigna, ecc. I Gen sanno infatti che anche « il dar via tutto ai poveri senza la carità è nulla ».

La prima generazione sin dall'inizio imparò a vivere quest'amore con tutte le qualità che esso richiede, esprimendolo con due parole: farsi uno col fratello.

Infatti per farsi uno con un fratello — e lo provate colla vostra esperien­za — è necessario essere longanimi, che etimologicamente significa privi di im­pazienza.

Chi si fa uno coll'altro è ben lungi dall'invidia. Quando ci si fa uno si vuol sicuramente il bene; per farsi uno non ci si può gonfiare, ma anzi l'opposto: per farsi uno occorre pensare all'altro e non c'è posto per l'ambizione e l'egoi­smo, né per l'irritazione perché occorre molta calma. Non si pensa al male del­l'altro, perché ci si fa uno proprio sperando nel suo bene.

Per fare dell'umanità un'unica comunione

Per tornare ancora al nostro raffronto fra i primi cristiani e i Gen vedia­mo come l'amore in tutti e due i casi è reciproco e porta alla comunione.

Le cronache dei primi cristiani sono quanto mai esplicite a questo riguardo: sta scritto: «Tutto il gruppo dei credenti era un cuor solo e un'anima sola e nessuno diceva proprio qualunque suo bene; tra di loro invece era tutto in comune... Tra loro in realtà non c'era nessun indigente; quanti infatti posse­devano terreni o cose, li vendevano e portavano il ricavato e lo rimettevano agli Apostoli ed esso veniva man mano distribuito a ciascuno proporzional­mente al bisogno» (Atti 4, 32.34-35).

Questa meravigliosa visione è e resterà l'ideale di tutti i cristiani. I Gen se la sono proposta come sistema della loro vita. La formula l'ha fissata, e ieri rileggendola ho detto: « i gen si sono crocifissi con le loro stesse mani ».

La formula dice: « ... Per questo, ciò che siamo e ciò che abbiamo, beni spirituali e materiali, tutto vogliamo che sia in comunione tra di noi, come espressione visibile della comunione dei santi e come realizzazione pratica della frase della Scrittura: « La moltitudine dei credenti aveva un cuor solo e un'ani­ma sola né vi era chi dicesse suo quello che possedeva, ma tutto era tra loro comune» (Atti 4, 32).

E' una vera totale comunione cristiana che non può a poco a poco non contagiare molti. E' un modo di vita, che se condiviso un giorno da buona parte della cristianità e dell'umanità, visto che il mondo e soprattutto i giovani vi sono in certo mondo preparati, potrà far sì che tutta la Chiesa e l'umanità siano una comunione.

La comunione dei beni aveva fra i primi cristiani una magnifica funzione: stava a dimostrare al mondo che erano tutti fratelli. La comunione dei beni era espressione dell'uguaglianza.

Cosi è anche dei Gen.

Per realizzare un'autentica uguaglianza

Noi sappiamo come anche oggi l'uguaglianza sia un ideale di grande at­tualità ed i Gen debbono veramente ringraziare Dio che ha fatto loro risco­prire l'autentica uguaglianza.

A proposito dell'uguaglianza, se guardiamo ancora ai primi cristiani e alla loro vita, vediamo come fra essi era molto in uso una pratica della vita cristiana ora un po' dimenticata e cioè l'ospitalità. Essa stava a dimostrare che, essendo tutti eguali, ogni casa era di tutti.

Sarà necessario che noi Gen facciamo rivivere questa magnifica usanza adattandola ai tempi moderni.

Alla vostra età non sarà forse possibile un'ospitalità cosi come la potrebbero attuare gli adulti che vivono il vostro stesso ideale. Ma occorre rendersi sem­pre più conto che per essere veri Gen la bicicletta, la motoretta, i libri, la radio, il mangiadischi, gli strumenti di lavoro, i giochi che voi possedete, sono anche degli altri Gen. Voi non ne siete che i custodi. Solo facendo cosi, domani, voi, dei vostri beni, quali essi siano, non ne sarete che gli amministratori perché essi saranno patrimonio di tutto il Movimento: capitale di Dio per i fini del Movimento.

Tornando ancora ai primi cristiani vediamo che c'era un'ulteriore idea-for­za che permetteva loro un'autentica uguaglianza. E' una idea presa dal mes­saggio di Gesù che da poco aveva risuonato sulla terra. Sembra non aver a che fare con l'uguaglianza. E invece sì. E' l'idea del « servizio ».

Gesù che ha portato la fraternità universale ha detto: «Non sono venuto per comandare ma per servire ». L'amore verso il fratello portava a scegliere per sé l'ultimo posto e ciò creava l'unità e l'unità fruttava l'uguaglianza.

Noi Gen dobbiamo sottolineare con forza questo atteggiamento di servizio. Così facendo avremo in mano l'arma più potente contro una delle deformazioni di fronte alle quali si è scatenata la contestazione: l'autoritarismo. Solo che la forma di contestazione dei Gen è la più originale e la più efficace. Essi la fanno incominciando da se stessi e vivendo quanto Luca scriveva: « Il maggiore fra voi si comporti come il più piccolo e colui che governa come colui che serve » (Luca 22, 26).

Guardando ancora alle comunità del primo secolo vediamo che l'amore cristiano che si estendeva indistintamente a tutti veniva chiamato filadelfia, os­sia amore fraterno.

Nella letteratura profana quel termine era adoperato per indicare unica­mente l'amore fra fratelli di sangue, e non, ad esempio, i membri di una stessa società. Solo nel cristianesimo ha avuto questa portata universale.

E' un tornare insistentemente a quell'idea di famiglia che deve animare oggi la cristianità e il mondo. Quest'idea è del resto fortemente sentita da tutti i giovani. Essi vogliono un rapporto più profondo, più sentito, più vero. E l'amore reciproco dei primi cristiani aveva tutte le caratteristiche dell'amore fraterno, ad esempio quella della forza e dell'affetto. Diceva Pietro: « Amatevi intensamente gli uni gli altri con cuore puro ».

Ora se guardiamo ai Gen, e specie a quelli che hanno centrato maggiormente l'Ideale, vediamo che fra loro l'amore è proprio cosi.

Autenticità nella verità

C'è un altro aspetto della vita dei primi cristiani che mi ha sempre forte­mente impressionato: è un aspetto che voi Gen non avete ancora messo in pratica. Lo raccomandava Paolo: « Esortatevi reciprocamente, lasciatevi esor­tare ».

E' un sistema magnifico per raggiungere quella autenticità senza la quale non si può più vivere nel XX secolo. Quell'autenticità che significa: io sono quel­lo che sono; io voglio dare di me il vero di me.

Ebbene fra i primi cristiani era in uso dirsi gli uni gli altri ciò che cia­scuno vedeva di bello o di meno bello. Non era quindi soltanto una autocri­tica; era una critica vicendevole, suggerita unicamente dalla carità, dal desi­derio di amare l'altro come se stesso, dato che siamo tutti un solo corpo.

Fra i Gen ancora questo non si fa, ma io vi esorto a metterlo in pratica. Durante questi giorni lo imparerete e durante tutta la vostra vita non dovrà mancare mai questo che noi potremmo chiamare il momento della verità.

Consonanza intellettuale

C'è ancora fra i primi cristiani un effetto dell'amore reciproco più nuovo e più forte: si arrivava a voler essere non soltanto un solo cuore ma un solo pensiero, ad avere una piena unità di mente. Si esigeva proprio l'unanimità. Fa impressione quanta dice Paolo: «Pertanto vi esorto, fratelli, nel nome del Signor Gesù Cristo a pensare tutti alla stessa maniera perché non vi siano in mezzo a voi divisioni ».

Voi, Gen, sapete qualcosa di questa unità di mente e avete imparato a rag­giungerla quando ascoltandovi a vicenda e amandovi, avete dovuto stendere la formula, i cui articoli non di rado erano approvati all'unanimità. E' la pre­senza di Gesù in mezzo che ci fa un cuor solo e una mente sola. E in questi tempi, come duemila anni fa, c'è bisogno proprio di questa comunione. L'unità di mente non è solo l'ideale, la prassi dei primi cristiani, ma lo deve diventare della cristianità di tutti i secoli.

Per ora, dati i tempi presenti così turbolenti, minacciati proprio da un'avi­dità di libero pensiero, la Chiesa richiede almeno l'unità di mente in campo dottrinale. Parla anche, in altri casi, in altri campi, di un possibile pluralismo. Questo è uri arricchimento e non va contro l'unità di mente. Io comprendo l'altro, l'altro comprende me, così come le tre divine persone sono diverse eppure sono uno. Ma anche di questo ci sarà un approfondimento in questi giorni.

Una cosa è vera: che nella nostra situazione attuale, che differisce certa­mente da quella dei primi cristiani, costatiamo come sia urgente una potente iniezione di vero autentico amore reciproco in tutte le strutture della Chiesa e nelle articolazioni della vita sociale. Perché senza Gesù in mezzo fra i cristiani non si potrà mai arrivare all'unità di pensiero. Con la comunione perfetta noi permetteremo a Dio di vivere in mezzo a tutti i suoi figli e di prendere in mano le sorti dell'umanità.

Come Dio

Ecco concluso un po' il nostro parallelo fra i primi cristiani e il Movi­mento Gen. Del resto, nel Concilio stesso, lo Spirito Santo esige, per ridare il vero volto alla Chiesa, che essa si rimodelli sullo spirito dei primi cristiani. In quei tempi la Chiesa era comunione e tutti gli altri suoi valori, come per esempio la sua strutturazione, la sua gerarchia, erano considerati all'interno di questa realtà. Agostino diceva che la Chiesa consiste nella comunione di tutto l'Orbe, e Tertulliano che i cristiani costituiscono una comunione di fra­ternità, anche se l'edificio deve poggiare su una pietra, Pietro, come inizio della gerarchia.

Il Papa Paolo VI a Sydney parlando ai Vescovi dell'Oceania ha detto: « La Chiesa è carità, la Chiesa è unità... la carità è la virtù principale che è doman­data alla Chiesa cattolica in quest'ora del mondo ».

Cari Gen, questa è l'ora della carità?

E' dunque l'ora nostra. Ma perché i nostri non restino puri raffronti fra i primi ' cristiani, noi e come dovrebbe essere la Chiesa, ho pensato di proporvi dieci « parole » evangeliche da vivere fino al prossimo Congresso.

I dieci punti sono: amare tutti; amare per primi; farsi uno; amarsi a vi­cenda; comunione dei beni; uguaglianza; servizio; filadelfia; momento della ve­rità; unità di pensiero.

Se questa è l'ora della carità noi dobbiamo essere carità. Incominciamo allora coll'incarnarla subito.

Questo è l'impegno vostro, seconda generazione, come lo è stato della pri­ma, quando avendo come maestro Cristo fra noi, Egli ci mise in rilievo innanzi tutto nelle pagine della Scrittura quelle parole che riguardavano e sottolinea­vano la carità.

Come Dio è carità, il mio augurio è: siate carità.

Chiara Lubich