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aprile 2004 - LE PALME
Is
50,4-7 / Fil 2,6-11 / Lc 22,14 - 23,56
Il più grande tra voi
diventi come il più piccolo
(Lc 22,26)
Gesù ha da poco istituito l’Eucaristia, il segno più grande del suo
amore, del suo donarsi senza misura, anticipo di quanto vivrà poche ore dopo
sulla croce. Egli sta in mezzo ai suoi “come
colui che serve”. Il Vangelo di Giovanni riporta il suo gesto concreto di lavare i piedi ai discepoli. Essi non
capiscono, perché condizionati dalla mentalità comune del vivere umano che
privilegia il prestigio e l’onore, i primi posti nella scala sociale, il
diventare qualcuno. Ma Gesù è venuto
in terra proprio per creare una società nuova, una nuova comunità, guidata da
una logica diversa: l’amore. “Chi è il
più grande tra voi diventi come il più piccolo”.
Farsi piccoli di fronte all’altro vuol dire
cercare di entrare il più profondamente possibile nel suo animo, fino a
condividerne le sofferenze o gli interessi, anche quando a noi sembrano di poco
conto, insignificanti, ma che costituiscono invece il tutto della sua vita.
Dimenticarsi, posporre se stessi per
aver presente l’altro, per farsi uno con chiunque fino a scendere con lui e
sollevarlo, per farlo uscire dalle sue angustie, dalle sue preoccupazioni, dai
suoi dolori, dai suoi complessi, dai suoi handicap o semplicemente per aiutarlo
a uscire da se stesso ed andare verso Dio e verso i fratelli e così trovare
insieme la pienezza di vita, la vera felicità.
Facciamo ogni cosa per Gesù
nei fratelli, non trascurando nessuno, anzi amando sempre per primi. Serviamo tutti! È solo così che siamo grandi.
stralci da un commento di Chiara Lubich
Da tre anni frequento una Casa di Riposo; ogni volta che varco il
portone di quell’edificio mi viene il magone alla gola al solo pensiero di
trovarmi in quella triste realtà, per la tristezza e la solitudine che
vedo nel volto dei miei “amici ospiti”.
Sono per di più persone sole, ammalate e anziane; alcune di loro non ce la
fanno a mangiare da sole. Per questo mi prodigo nel mio piccolo ad aiutarle
nell’ora dei pasti. Li conosco molto bene quasi tutti, particolarmente la
signora Cesira che ha sempre molto appetito e può mangiare da sola. Però un
giorno ha lasciato nel piatto il suo secondo. Io le ho chiesto il perché e lei
mi ha risposto che quella sera non aveva appetito; il fatto strano è che la
cosa si era ripetuta per diverse volte, incartando la sua pietanza in un
tovagliolo.
Insospettita della cosa le ho chiesto con tono severo cosa stesse
facendo. Cesira voltandosi mi ha guardata, ma non sapeva come dirmi che vicino
alla sua camera c’era una signora anziana e ammalata con un figlio che tutti i
giorni veniva a darle da mangiare. Questo figlio lei lo conosceva e sapeva che
viveva economicamente male, saltando più di qualche volta il pasto (essendo lui
molto povero). Così Cesira ha pensato bene di dividere con lui il suo pasto.
Questo fatto mi ha lasciato senza parole e mi ha toccato il cuore. Quanto
dobbiamo imparare da queste persone umili come la signora Cesira, che non hanno
niente, ma quel niente lo sanno dividere con quelli che hanno meno di niente.
Nilde Bolzonella, Mestre