6 gennaio 2007 - EPIFANIA DEL SIGNORE
Is 60,1-6 / Ef 3,2-3.5-6
/ Mt 2,1-12
La gloria del Signore brilla sopra di te (Is. 60,1)
L’Epifania è uno di quei quadri che non
finiranno mai di stupire l’umanità. In questo quadro Dio, per amore, non è
geloso della sua dignità: si è fatto bambino in una stalla di pastori, nudo
sulla paglia, l’ultimo tra i nati di donna. Davanti a Lui, come in un sogno,
vediamo la potenza, la ricchezza, la scienza, l’orgoglio sbriciolarsi in un
gesto di adorazione e in una dichiarazione
sconvolgente: “Sei tu il mio Signore, il mio unico bene!”
Tutto
è cominciato con una piccola luce, dapprima tenue nella profondità del
cuore, poi diventata stella che guida e illumina i passi, orienta tra le
tentazioni dei re e dei sapienti, sostiene fino a spegnersi nella grande luce, nel sole che è Gesù.
La
storia dei Re Magi è anche la nostra storia che deve cominciare o già è
cominciata con la Parola di Dio fatto uomo, Gesù. Una parola
che cresce e si fa carne ogni volta che ci crediamo, vivendola, traducendola in
scelta di vita, in strada nuova da seguire, in verità che ci libera dagli idoli
delle nostre ideologie.
Mentre sognamo, guardando i Magi, tutta l’umanità prostrata
davanti a Dio venuto tra noi, cerchiamo di tener viva la stella che
abbiamo incontrato, tra tante stelle che già brillano nel mondo intero.
Un giorno di molti anni fa un frate,
durante un incontro con il gruppo giovani che allora frequentavo, ci disse che
una disgrazia equivale a dieci grazie (dis-grazie!).
Per un po’ quella specie di massima mi è girata in testa come una pillola di
saggezza da inghiottire, poi… ho scoperto, vivendola, che qualche ragione quel
frate ce l’aveva…
Il
fallimento del mio matrimonio è la disgrazia in questione. Quanta sofferenza
per noi due, per nostro figlio, per le nostre
famiglie, la comunità parrocchiale…Chi poteva vederci dentro dieci grazie?
Inizialmente
anch’io ho vissuto i sentimenti dei separati cristiani che si sentono
emarginati o arrabbiati con la Chiesa che parla in proposito, di una rottura
della comunione con Dio e la Chiesa stessa e che chiede loro di non accostarsi
all’Eucaristia.
No,
non volevo accettare questo. Grazie ad un sacerdote e successivamente
ad un gruppo di divorziati cristiani che desideravano fare insieme un cammino
di fede nonostante questa loro condizione, ho avuto l’opportunità di farmi
delle domande…
Ma davvero quel Dio che desidera che tutti i suoi
figli vivano nella gioia e siano salvati, offra solo una via (seppure
l’Eucaristia sia la Via Maestra!) per raggiungere la Salvezza e l’unione con
Lui? Quali altre strade, magari più impervie e secondarie, possiamo percorrere
per arrivare al medesimo obiettivo dei nostri fratelli che non hanno commesso
il nostro errore ma che restano uniti a noi nel Battesimo?
A
poco a poco, e non sempre con facilità, è arrivata qualche risposta… Il Signore
ci propone molti modi per raggiungerlo, mi restava l’approfondimento della
Parola, la formazione spirituale personale, di gruppo e di coppia, la
preghiera, la Messa domenicale, la carità, la solidarietà, l’impegno nella vita
quotidiana a seguire il Vangelo (che sarebbe già un bel viatico da
perseguire!)… Effettivamente gli spazi che restano aperti sono molti di più di
quelli che vi vengono negati.
Così
ho deciso di continuare a fidarmi della Chiesa, un po’ come un bambino fa con i
suoi genitori, sapendo che tutto viene fatto e detto
con l’intento del bene. E dalla fiducia è uscita una
parola, per me nuova, che ha sanato molte ansie: obbedienza. Il Signore la
desidera più di molti sacrifici che noi siamo disposti a fare anziché
abbandonare il nostro orgoglio e lasciarci andare al suo amore.
Noi
come figli, proprio come fanno i nostri bambini, ci ribelliamo, protestiamo,
sprechiamo tempo ed energie per divincolarci perdendo il buono e la pace che ci
deriverebbero semplicemente dall’obbedire a Dio che è
Padre e alla Chiesa che è Madre.
Forse,
se le conto, non sono dieci… ma aspetto con fiducia
quelle che mancano perché so che il Signore tirerà fuori ancora del bene da quella disgrazia.
N. N.