6 febbraio 2005 - 5a domenica t. ord.

Is 58,7-10 / 1Cor 2,1-5 / Mt 5,13-16

 

Risplenda la vostra luce

(Mt 5,16)

 

Gesù ha detto: “Io sono la Luce del mondo”; è dunque Lui la nostra luce, la sua Parola è “lampada ai nostri passi”, in quanto man mano che l’accogliamo ci mostra il senso delle cose, degli avvenimenti ed il valore di ogni persona.

Lui è il Sole e noi la luna, gente che rilancia una luce riflessa, come l’arcobaleno che rifrange la luce in molteplici colori.

Vivendo la Parola, ciascuno la riflette in modo originale sì da farne emergere sempre nuovi ed insospettati contenuti. Così i discepoli del Signore sono come un giardino di fiori, tutti bellissimi ed originali.

Ciascuno di noi ha una grande responsabilità: mostrare il Cristo vivente in questo tempo, fiorendo nel luogo in cui è stato seminato. Anche ogni tenebra di questo mondo va dunque vista come possibilità di illuminare ogni angolo della storia e del cuore dell’uomo.

 

 

Soffro di una grave malattia: i miei reni non funzionano da più di dieci anni e mi costringono a sottopormi a emodialisi tre volte la settimana. Col passare del tempo anche altri organi funzionano male.

Giorni fa, in un momento di forti dolori, mi sono lamentato con Gesù: “Maledetta malattia!”. Ma subito ho avvertito il suo rimprovero: “No, Luigi, non è maledetta, anzi, questa malattia è benedetta, perché grazie a essa siamo più vicini tu e io”. Quanto erano vere quelle parole! Pensandoci, non cambierei questa malattia per niente al mondo. E l’ho ringraziato.

Ma poi: “Quanto mi piacerebbe però andare ad “evangelizzare”, come facevo da giovane!”.

Il giorno dopo, un sacerdote, che incontro per motivi di lavoro, mi dice: “Quanta parola di Dio stai diffondendo nella mia diocesi!”. Si riferiva ad un video preparato per il Giubileo 2000, che era stato distribuito in novanta parrocchie della diocesi, nel quale, fra le altre testimonianze, c’era anche la mia sulla malattia.

Che gioia ho provato! Con il cuore in festa e gli occhi pieni di lacrime, ho detto a Gesù: “Come sei fine, com’è delicato il tuo amore! Neanche 24 ore e mi hai già risposto!”.

L. D., Buenos Aires