7
gennaio 2007 -
Battesimo del Signore
Is
40,1-5.9-11 / Tt 2,11-14;3,4-7
/ Lc 3,15-16.21-22
Ci ha salvati per la sua misericordia
(Tt 3,5)
Trent’anni
di silenzio, dopo gli avvenimenti del Natale: la gloria cantata dagli angeli,
la speranza annunciata ai pastori, la piccola Epifania a
Israele nel tempio e la grande manifestazione a tutti i popoli attraverso i
Magi. Un uomo avanza nella fila dei peccatori e si presenta a Giovanni
Battista.
Qui
il momento fondante della nostra fede, al culmine della ricerca di
qualcuno che ci salvi. Qui la fine degli sforzi di auto-salvazione con preghiere e penitenze; viene una voce
dal Cielo, voce di Padre e di Madre insieme, che ci dice: “Tu sei il mio
Figlio prediletto!”.
Nell’umile umanità di
Gesù ci sentiamo scelti, chiamati e salvati da un amore
senza meriti e senza misura. Finisce l’attesa e il silenzio e inizia
l’avventura appassionante al seguito di Gesù. La sua presenza, il suo sguardo,
il suo volto spalancano il cielo e ci attraggono nel
mare di misericordia di Dio.
Ci chiede solo una
risposta di amore e nient’altro.
Vivevo da alcuni
mesi in una comunità di circa venti suore. Ce n’era una in particolare che si
distingueva per le sue doti e le metteva in mostra continuamente. A me questo
urtava tanto e mi sentivo ribollire dentro ogni qual volta sentivo
la sua voce o mi passava accanto. Quello però che mi indisponeva
di più era un suo comportamento che io definivo maleducato; mi spiego: capitava
molto spesso che io mi trovassi a lavorare con alcune persone laiche; lei
arrivava e con grande slancio salutava tutte; chiedeva come stavano, si
interessava dei figli. Poi se ne andava augurando a
questa e a quella buona giornata; verso di me non si degnava neanche di uno
sguardo. Io, stanca e indispettita di tale atteggiamento mi proponevo che mai e
poi mai avrei fatto il passo per prima per sciogliere il ghiaccio. Così passano
altri mesi con tanto silenzio da tutte e due le parti. In me da subito c’era
tanta indifferenza per questo fatto, ma in seguito incominciai a chiedermi se
veramente non potevo trovare un modo per rompere
questo silenzio che ci separava e stabilire l’unità voluta da Gesù; sentivo che
dovevo fare io per prima il primo passo, ma il mio orgoglio, la mia superbia mi
impedivano di trovare il modo per farlo.
Succede che
questa dovette ricoverarsi in ospedale per un piccolo intervento. Quando tornò a casa e rimase in camera alcuni giorni, pensai che
forse quello era il momento più adatto per avvicinarmi a lei.
Una sera tardi
bussai alla sua porta e un po’ trepidante chiesi se potevo
entrare. Lei mi rispose facendomi capire che la mia visita le era gradita.
Subito lei incominciò a raccontarmi di come era andata
e a dirmi che aveva sofferto molto. Io la ascoltai per circa mezz’ora in piedi.
Mi sono poi dimostrata disponibile se avesse avuto
bisogno di qualche servizio. Lei accettò dicendomi che mi avrebbe aspettata il mattino dopo e da qui è nato un bel rapporto a
volte fatto anche solo di un sorriso.
Mi è costato tanto tanto, ma ne sono molto
contenta. Con l’aiuto di Dio si fanno anche cose grandi. Ora sono contenta e
serena.
una suora di
Verona