9 febbraio
2003 – 5a domenica t.o.
(Mc 1,31)
Un gesto squisito e commovente, quasi materno, è
quello di Gesù che guarisce la suocera di Simone in preda alla febbre: Egli si
accosta al suo letto, la prende per mano e la solleva.
Noi tutti sentiamo il bisogno di quella mano divina
che ci prenda per mano e ci sostenga nei momenti spesso duri della vita, come ci
dice oggi il libro di Giobbe. Ma l’esempio della suocera di Simone che,
guarita, si mette a servire, ci fa trovare la strada per superare la chiusura
nei nostri angusti spazi personali, buttandoci fuori verso le sofferenze degli
altri.
E questo è la nostra risposta all’amore di Dio:
l’amore verso il prossimo. È un dovere di riconoscenza, come ha fatto la donna
guarita, ma è pure un bisogno del cuore, per far conoscere anche agli altri la
gioia di essere amati da Dio. Anche san Paolo affascinato dall’incontro con
Gesù, oggi ci dice: “Mi sono fatto servo di tutti, debole con i deboli...”.
Come non sentire anche noi questo bisogno di
metterci a disposizione dei fratelli per far loro sperimentare l’amore di Dio?
E per attingerne la forza, guardiamo a Gesù che nel
vortice della sua attività per gli altri, si apparta in luogo silenzioso per
gustare l’intimità con il Padre attraverso la preghiera.
Era il Giovedì
Santo, mi affrettavo a concludere un lavoro perché volevo partecipare alla
funzione in chiesa. Arriva in ufficio una signora che doveva pagare un debito.
Più volte era venuta a raccontarmi storie della sua famiglia senza mai
concludere; la ritenevo una persona che faceva perdere tempo.
Era in piedi
davanti alla scrivania ed io, seduto, continuavo a scrivere mentre lei parlava.
Alzai lo sguardo e la guardai: era una persona bisognosa, era uno di quei
“piccoli” del vangelo di cui parla Gesù. Mi alzai, la pregai di accomodarsi e
incominciai ad ascoltarla, pronto a rimanere lì tutto il pomeriggio.
Mi disse in
pochissimi minuti tutto, ricordo che si alzò contenta e mi ringraziò della
soluzione trovata. Giunsi in chiesa puntuale, felice per aver vissuto la Sua
Parola.
G. M.