10 febbraio 2002 – 5ª domenica t.o.

Is 58,7-10 / 1 Cor 2,1-5 / Mt 5,13–16

 

VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA

Mt 5,13

 

Spesso tra i preti e i laici impegnati nella pastorale serpeggia un clima di preoccupazione e di scoraggiamento dinanzi alla constatazione che la massa dei fedeli lentamente e inesorabilmente se ne va e le chiese tendono a svuotarsi. Con questa situazione, che ha molteplici motivazioni, il Signore vuole anche ricordarci e portarci a vivere le sue parole: “Voi siete il sale della terra”. Basta un pizzico di sale per dare gusto ad una grande quantità di cibo! Importante è che il sale sia tale, sia buono.

Il sale serve alla disinfezione e alla conservazione dei cibi ed è segno della nostra purificazione e della nostra conversione.

Il sale soprattutto viene usato per dare sapore ai cibi e diventa segno della Sapienza, che è il dono e la capacità di dare significato e gusto alla vita e alla storia.

Tertulliano scrive che i pagani, ammirati dalla vita dei primi cristiani, dicevano: “Guarda come si amano e sono pronti a dare la vita gli uni per gli altri!”.

Anche oggi, quando una persona o, meglio, una comunità anche piccola accoglie e vive la parola di Gesù, diventa sale, diventa amore vivo; e, poiché l’amore vero non lascia indifferente nessuno, molti si sentono scossi e anche spinti a cambiare vita.

Sono innumerevoli le testimonianze che si potrebbero portare! Loppiano era un territorio sperduto sulle colline a sud di Firenze, ormai in stato di progressivo abbandono;  vi arrivarono alcune persone decise a porre l’amore alla base di ogni attività e oggi vi sorge una piccola cittadina diventata faro di gioia e di armonia per l’Italia e per il mondo.

In Brasile, in una località chiamata Isola dell’inferno per la miseria, l’odio, le vendette, alcuni portano l’amore e tutto viene trasformato, anche il nome: ora si chiama Isola Magnificat.

Madre Teresa racconta di una sua consorella intenta a fasciare con amorevole cura le ferite purulente di un moribondo, mentre un uomo la osservava senza che lei se ne accorgesse. Questi confessa poi a Madre Teresa: “Sono venuto qui con il cuore vuoto di fede. Dopo avere osservato l’amore di quella sorella, vado via convinto che dev’essere ben reale il Dio che le dà la forza di fare quello che sta facendo!”.

Quando siamo sale diamo un senso alla nostra vita e diventiamo luce per molti. E siamo sale quando viviamo nell’amore di Gesù quello che facciamo.

G. B. e L. C.

 

Marcello Candia era un industriale milanese che vendette tutte le sue proprietà e andò a vivere fra i poveri dell’Amazzonia, spendendo per essi tutte le sue sostanze ed energie. “L’ho conosciuto per circa trent’anni, racconta Padre Gheddo, aveva una profonda vita spirituale: se aveva del tempo libero, lo dedicava alla preghiera, da cui traeva la forza psicologica e spirituale di essere sempre gioioso, sempre ottimista, mai pessimista, anche nelle situazioni più difficili. Nessuno ricorda di averlo mai visto scoraggiato, né di avere mai sentito da lui parole di critica verso altre persone. La sua fiducia in Dio lo rendeva sempre gioioso. Veniva a Milano tutti gli anni per due, tre mesi, in prossimità del Natale, per chiedere aiuti: i suoi soldi li aveva spesi tutti e aveva iniziato varie opere di carità (lebbrosari, scuola per infermiere, un piccolo Cottolengo, assistenza sociale in una favela di Rio de Janeiro, ecc.). Nel 1966, l’anno dopo che era arrivato in Amazzonia, Marcello Candia andò a visitare il lebbrosario di Marituba, vicino alla città di Belem: un villaggio cintato e protetto dalla polizia, in cui vivevano un migliaio di lebbrosi che non potevano uscire! Allora era chiamato “l’anticamera dell’inferno”. Lo visitai anch’io nel 1966 e rimasi stomacato dalla sporcizia, dall’abbandono, dall’isolamento dei lebbrosi. Marcello Candia, mentre costruiva l’ospedale e altre opere, andò ad abitare a Marituba, vi portò alcune suore infermiere, vi costruì il “centro sociale Città di Milano”, portò ai lebbrosi attrezzi di lavoro, di artigianato. Sono tornato a Marituba nel 1979, 13 anni dopo: la gente e i lebbrosi non chiamavano più Marituba “l’anticamera dell’inferno”, ma “il villaggio della pace”. È andato a vederlo anche Giovanni Paolo II nel suo viaggio in Brasile (8 luglio 1980), vi incontrò Candia e lo baciò. Il bacio del Papa come sigillo di una vita spesa per il prossimo, che fa rifiorire ciò che di più triste e malfamato possa esistere”.

(Piero Gheddo: Il Vangelo delle 7,18)