16 febbraio 2003 – 6a domenica t.o.

Lv 13,1-2.45-46 / 1 Cor 10,31 - 11,1 / Mc 1,40-45

 

Gesù disse: Lo voglio, guarisci!

(Mc 1,41)

Mentre i malati di lebbra erano - nella vecchia Legge - tenuti rigorosamente a distanza per paura del contagio, Gesù non li sfugge, ma si lascia muovere a compassione di loro, stendere la mano al lebbroso e lo guarisce: “Lo voglio, guarisci!”.

È Gesù che ci guarisce e ci fa liberi, restituendoci all’amore di Dio e dei fratelli.

Così, invece che cercare consolazioni nelle creature, imitando la fede del lebbroso, ci inginocchiamo davanti a Gesù, il liberatore, e gli diciamo: “Se vuoi, puoi guarirmi!” Facciamo allora l’esperienza della gioia del perdono, espressa anche dal salmo della messa: “La tua salvezza, Signore, mi colma di gioia”.

E sarà logico farlo conoscere agli altri, come è successo al lebbroso, che, nonostante la proibizione di Gesù, non riesce a contenere in sé la gioia e non può non divulgare il fatto a tutti. Diventeremo dei testimoni dell’amore di Dio.

È quanto è successo a san Paolo che, dopo la sua conversione sulla via di Damasco, scrivendo ai suoi fedeli di Corinto, non può non confessare con verità di essere diventato imitatore di Cristo, tutto proteso a cercare “la gloria di Dio” in ogni sua azione e a cercare “non l’utile mio, ma quello di molti, perché giungano alla salvezza”.

Perché non provare anche noi?

 

 

Un giorno S., una ragazza che conoscevamo appena, bussa alla nostra porta. Aspetta un bambino da una ragazzo che non può sposarla perché straniero. I genitori e tutte le amiche la spingono ad abortire. È già fissata la data per l’intervento. Piange e chiede aiuto. La ascoltiamo con amore e le facciamo coraggio: potrà sempre contare su di noi. Così S., fidando nel nostro aiuto, tiene duro.

Nasce Maria, bella ma un po’ gracile. S. ce la affida: deve andare all’estero per cinque mesi a completare gli studi. Con nessuno dei nostri bambini ci siamo dovuti svegliare tante volte di notte; nessuno è stato così ammalato come lei. A volte ci domandavamo se la decisione di aiutare S. in quel modo fosse giusta oppure troppo pesante per la famiglia. Un pensiero scioglieva ogni perplessità: altrimenti Maria non sarebbe neanche nata e sua madre chissà dove sarebbe finita.

Quando S. ritorna, i suoi la accolgono. Un anno dopo si sposa. Ora hanno tre figli.

F. Z., Repubblica Ceca