21 gennaio 2007 - 3a domenica t. ord.

Ne 8,2-4a.5-6.8-10 / 1Cor 12,12-31a / Lc 1,1-4;4,14-21

 

Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio

(Lc 4,18)

 

La piccola sinagoga di Nazaret non ha più pareti: si dilata fino agli estremi confini del mondo per contenere i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi. C’è posto per tutti, nessuno escluso, perché tale è la popolazione del nostro mondo, allora come oggi.

Un umile uomo, Gesù, con la potenza dello Spirito Santo, recupera le antiche profezie che hanno solcato i cieli della fallimentare storia del suo popolo come stelle cadenti: solo rapidi bagliori nel buio. Diventano un sole meridiano che squarcia il cielo e mostra Dio in mezzo a noi: due occhi che conquistano, parole dette con autorità, mani che sanano, sollevano, accarezzano, piedi solleciti a recarsi ad ogni angolo di dolore.

Ci è offerta la certezza di un annuncio di felicità, di un tempo di grazia, di una invasione d’amore.

Basta non nascondersi e farsi riconoscere nei panni dei miseri che Dio amore è venuto a riabbracciare. La nostra miseria, colpita dal raggio dell’Amore, diventa titolo di privilegio nella casa del Padre. Via l’ipocrisia e il falso pudore: Gesù ci ha scelto per la felicità.

 

La piccola esperienza fatta in questi giorni insieme a mio fratello Henry, mi ha fatto riflettere proprio in questi momenti di crisi. Mentre tornavamo a casa abbiamo visto un uomo che cercava qualcosa fra i cestini della spazzatura. Avremmo voluto offrirgli qualcosa, ma negozi e locali erano chiusi. Quando finalmente abbiamo trovato, quello era scomparso. Abbiamo dato quel cibo ad un altro, che pure spiluccava tra la spazzatura. Il suo sorriso di ringraziamento ci ha ricompensato. Così un’altra volta, mentre ero in macchina vicino al posto di lavoro, mi è venuto spontaneo fare marcia indietro e regalare quel che avevo a un altro “cercatore”.

Per farla breve: mio fratello ed io abbiamo deciso di farlo in maniera fissa almeno una volta la settimana. Ci siamo detti: i soldi che guadagnamo non sono nostri: sono un regalo di Dio per il nostro lavoro.

Penso che di fronte ai tanti problemi del mondo non possiamo pretendere di fare cose gigantesche, non ne abbiamo i mezzi. Però accanto a noi c’è sempre qualcuno che ha bisogno. Non si deve perdere la speranza ma essere convinti che l’amore vincerà.

Dice una canzone a noi nota: “Se le nostre anime fossero stelle noi possiamo fare le costellazioni, se le nostre anime fossero foglie, noi possiamo fare un albero d’estate”.

Sandro Rojas, da “Città Nuova”