27 maggio 2007 - PENTECOSTE

At 2,1-11 / Rm 8,8-17 / Gv 14,15-16.23b-26

 

Lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi (Rm 8,11)

 

Lo Spirito di Dio ci ha sempre amati, fin dalla eternità. Ci ha seguiti sulle strade della falsa libertà, dell’idolatria di noi stessi, come il pastore che va in cerca della pecora perduta, come il Padre che attende il figlio, con infinita pazienza, sulla soglia di casa, pronto a far festa. Ci ha cercato nei labirinti della vita dove ci siamo persi, con l’ansia con cui si cerca la moneta preziosa, come fosse l’unico suo tesoro.

Si è lasciato annientare dalla morte, è sceso agli inferi fino al più basso gradino per non perdere nessuno, fino a sentirsi abbandonato, svuotato nell’anima della sua essenza, l’amore. Per questo siamo stati richiamati alla vita nella vita di Gesù che ci ha abbracciati e tenuti stretti a Lui e riportati a respirare lo Spirito del Padre.

Pentecoste, al di là della scenografia degli Atti degli apostoli, mi piace immaginarla anche come quel giorno in cui un brivido ha attraversato il nostro cuore e ci ha fatto esplodere, come bambini per la prima volta, nel grido: “Abbà-papà”. Come risposta, il Padre ci ha colmato di doni: il suo discernimento e la sua scienza, una fortezza come quella dei martiri, la saggezza dei santi, lo stupore e la meraviglia dei buoni, l’intimità e l’incanto del bambino in braccio al suo “papà”, tutti insieme riuniti in famiglia, non più orfani, ma figli uguali al figlio unico.

Pentecoste è un ideale che comincia nel cuore, fra le mura di un piccolo cenacolo, ma fatalmente ci conduce negli spazi infiniti della Trinità.

 

LA VITA SEMPRE E COMUNQUE

 

Siamo sposati da 26 anni e abbiamo tre figli ancora studenti. Svolgo la professione di medico ospedaliero, mentre mia moglie, dopo la nascita del terzo figlio, ha lasciato il lavoro di fisioterapista per dedicarsi alla famiglia e poter affrontare insieme, secondo le proprie possibilità e capacità, i normali impegni quotidiani e, qualche volta, i momenti difficili.

Ci ha aiutato molto dialogare  e affrontare subito i problemi, convinti di trovare sempre la soluzione più adeguata, come in occasione della decisione da parte di nostro figlio e della sua compagna, di rinunciare alla vita che avevano concepito. Comprensibile il loro disagio, non giustificabile il loro comportamento e in particolare la loro decisione. La legge lo permetteva, la coscienza no!  Nessuna difficoltà di attuazione pratica, privacy garantita, all’insaputa di chiunque, tranne che delle coscienze. Dichiarazione shoccante, dirompente per il fatto e le sue possibili conseguenze.

Cosa rispondere? “Vi diamo una mano!” È ciò che abbiamo pronunciato all’unisono, dopo qualche minuto di sgomento, di silenzio, di intesa raggiunta solo con un intenso sguardo reciproco, senza troppo riflettere, tralasciando i “se” e i “ma”, certi di una cosa: la loro decisione esprimeva una evidente richiesta di aiuto per capire, per agire. I dialoghi e i silenzi successivi hanno messo in luce dinamiche diverse. La diversità di idee, di convinzioni, di posizioni esterne ed intermedie, ha consentito di percorrere insieme una strada non facile ma illuminata dal faro sicuro della meta: la Vita sempre e comunque.

Alla fine abbiamo pronunciato tutti insieme un chiaro “sì” alla vita, un “sì” liberatore, entusiastico nelle successive scelte degli impegni pratici, concreti. L’idea ha scatenato l’azione, l’entusiasmo, coinvolgendo altre persone, “alla faccia” della privacy, della vergogna, del perbenismo interessato o della vuota dignità. Amore, sincerità, dialogo e disponibilità sono armi sempre vincenti. L’audacia e il coraggio devono prevalere sempre sulla insipida timidezza.

I principi e i valori devono essere oggetto di discussione ma mai messi in discussione: la vita è il dono più bello che Dio ci ha dato.

Paolo, Verona