Non avrai altro Dio...

Gesù ha dato tutto. Ma ha anche chiesto tutto.

Ognuno di noi ha sperimentato queste due realtà. Ha sperimentato l'infinito amore di Dio che si è manifestato in Cristo Gesù. Nella vita di ognuno di noi c'è un momento in cui abbiamo sentito di essere amati da Dio, personalmente, infinitamente. La vita cristiana prende il via da questa intima fondamentale sconvolgente scoperta: Dio mi ama, ha dato il Figlio suo per me. E il Figlio mi ha amato fino a condividere la mia stessa vita di uomo, fino a dare tutto di sé: la Madre, il Padre, la sua stessa vita. L'abbandono e la morte in croce sono il culmine di una intera vita di donazione durante la quale Gesù ha sanato piaghe, ha consolato cuori, ha cancellato peccati. Espropriandosi totalmente ci ha lasciato tutto di sé: una Madre, un Padre, lo Spirito suo, la sua sapienza racchiusa nel Vangelo, il suo corpo sangue anima e divinità nell'Eucaristia. Si è dato tutto. Ha dato tutto. È l'Amore!

Ma Gesù, proprio perché ha dato tutto, ha potuto chiedere tutto. Come non ricordare le parole del Vangelo: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23)? O ancora: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo». (Lc 14,26-27). II fatto è che «nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona» (Lc 16, 13). II nostro è un Dio geloso, che non ammette compromessi.

I primi discepoli lo hanno capito immediatamente, per questo subito «lasciarono tutto» per seguirlo (cf. Lc 5, 11.28). «Ecco - poteva dire Pietro -, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (19, 27). È l'esodo completo da se stessi e da tutto quanto li circondava e a cui erano legati, per andare dietro a Gesù e aderire a lui. Gesù lo si segue per tutta la vita e non per un tempo determinato, lo si segue senza alcuna riserva, con assolutezza e radicalità, ponendolo al di sopra di persone e cose, di ogni affetto per fratelli, genitori, figli e moglie.

Si tratta di quella realtà che abitualmente, nel linguaggio della vita spirituale, chiamiamo la scelta di Dio. Dio ci ha scelti, e ci ha amati: una scelta e un amore che sono al tempo stesso un appello che invita ad una risposta. L'amore è per sua natura dialogico. L'Amore - Dio - è intrinsecamente dialogico: è Trinità. Così anche quando si manifesta al di fuori di sé, nella creazione, provoca la reciprocità: «Nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé (DV 2). Le esigenze manifestate da Gesù nel Vangelo in tutta la loro radicalità non sono altro che l'indicazione di come rispondere alla radicalità dell'amore di Dio.

Credo che nel cuore di ogni religioso questo desiderio di interezza, di totalità nell'amore, senza compromessi e senza reticenze sia una realtà profondamente radicata. Non è qui, in questo donarsi totalmente a Dio sommamente amato che sta l'essenza della consacrazione religiosa (cf. LG 44)? Ma la scelta di Dio non è appannaggio della vita religiosa: è la risposta che ogni cristiano è chiamato a dare, insita nel battesimo stesso.

Eppure quante volte questo rapporto con Dio si è opacizzato per i compromessi e le mediocrità che ci attanagliano. Quante volte ci siamo ripetuti, nel fondo del cuore, «come rispondere all'Amore?» E nasce struggente il desiderio di essere davvero tutti di Dio, di dire esistenzialmente, con tutto il nostro essere: «Non ho altro Dio fuori di te», «Mio Dio, mio tutto».

Con questo numero di «Unità e Carismi» vorremmo tentare di rispondere a questo anelito dell'anima. Nei primi tre numeri di quest'anno ci siamo soffermati a contemplare l'amore di Dio, la sua paternità, la sua provvidenza. Vorremmo ora vedere ciò che provoca in noi il riconoscimento e l'accoglienza di questo amore.

Come sempre avremo come sottofondo l'esperienza particolare che nasce dal carisma dell'unità. Questo carisma è chiamato spesso Ideale, parola con la quale si intende appunto l'ideale per eccellenza che guida la vita: Dio stesso, Dio come Ideale. Quando ci si imbatte in questo carisma, mediante un incontro, un colloquio, uno scritto, si percepisce dentro un invito da parte di Dio: «Vuoi fare di me l'ideale della vita?». È un invito nuovo che si sente rivolgere anche chi, come i religiosi e le religiose, hanno fatto «professione» di scegliere Dio come tutto della vita. È un invito nuovo, che chiama a nuova radicalità, a spostare tutto, tutto, tutto, a non avere più attaccamenti a niente, né a se stessi, né alle persone, né alle cose, né all'apostolato, neppure ai doni più belli che possono esserci stati elargiti da Dio stesso. È un morire ai nostri idoli per rinascere al Dio unico e vero. È un capovolgimento, una rivoluzione, una conversione, proprio nel senso di invertire la rotta. È mettere o rimettere Dio al primo posto nel proprio cuore, così che sia in cima a tutti i pensieri, che si viva per Lui. La legge di Dio - che vuole che si ami Lui con tutto il cuore, la mente, le forze - si imprime nel cuore.

È una scelta che non si fa mai una volta per tutte, e che non è neppure lineare. Occorre ricominciare sempre, senza mai arrendersi davanti ai nostri alti e bassi... È un'avventura nella quale si scopre gradatamente l'amore sempre nuovo di Dio, perché ci si accorge che è lui che guida, lavora, purifica, fa crescere. È lui stesso che, con il suo Spirito, viene in noi per rispondere alle sempre nuove chiamate che tracciano il cammino della vita.

La scelta di Dio assume infatti dimensioni attive e passive nello stesso tempo, come ha descritto in maniera efficace Pasquale Foresi nelle due conversazioni che pubblichiamo. È la tensione nostra, sempre rinnovata di rinnegare tutto ciò che non è Dio e di donargli completamente cuore, mente, forze. È l'azione di Dio che viene incontro alla nostra debolezza. E lui stesso, in prima persona, prende l'iniziativa della nostra purificazione e della nostra donazione. È più un essere santificati che un farsi santi! L'esperienza dell'apostolo Paolo, rievocata da Gerard Rossé, è al riguardo estremamente eloquente. Le esperienze dei santi - abbiamo scelto quella di Francesco d'Assisi, Claudio La Colombiere, Paola Frassinetti, Don Orione - ci mostrano itinerari concreti di scelta di Dio e insieme i frutti efficaci che ne sono sgorgati.

In un momento in cui la vita religiosa è alla ricerca della sua identità, siamo sicuri che orientando l'attenzione sulla scelta di Dio, ci portiamo nel cuore stesso della nostra particolare vocazione. Ricentrati in Dio, sapremo ritrovare la mappa per ridisegnare il nostro itinerario di presenza ecclesiale e di dinamismo apostolico.