In principio era il Verbo,
e il Verbo era con Dio,
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio con Dio.
Tutto fu fatto per mezzo di lui.
(Gv. 1, 1-3)

Il Verbo, che è Dio, era sceso un giorno fra noi, aveva svolto la sua missione di redentore e poi era asceso al Cielo, presso il Padre.

Ma la sua presenza reale è rimasta, in varie maniere, su tutta la terra: nell'Eucaristia, nella sua parola, fra noi uniti nel suo nome, in noi, nella gerarchia della Chiesa.

Una delle reali presenze del Verbo, che è Dio, è dunque la parola di Dio.

«Voglio parlarvi della parola di Dio - dice Agostino - Che parola è? Qual'è la sua grandezza? "Tutto è stato fatto per mezzo di essa". Vedete le opere e intimiditevi di chi le ha fatte: "Tutto è stato fatto per mezzo di essa"!».

Agostino vedeva chiara l'attività del Verbo, della Parola, nella creazione e quindi la sua divina onnipotenza, la sua vertiginosa altezza.

La parola di Dio!

«Dio ha voluto che molte cose fossero dette e ricevute per tramite dei profeti suoi servi. Ma che immensa differenza quando viene a parlare il Figlio! Il Verbo di Dio che ispirò i profeti, ora è qui con la sua stessa voce» - dice Cipriano.

E le sue parole non possono essere che «spirito e vita». Per esse si passa dalla morte alla vita e, vivificando ogni cosa, tutto penetrano. «È viva infatti la parola di Dio - dice la lettera agli Ebrei - efficace e tagliente piú di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito... e giudica i sentimenti e i pensieri del cuore».

Prima occorre vivere e poi parlare.

Cosí s'era comportato Gesú, aveva cominciato a fare e poi a insegnare.

Su questa linea erano anche, oltre il Vangelo, i Padri della Chiesa. Giovanni Crisostomo affermava: «...Gesú dice che dobbiamo prima fare e poi insegnare a fare: egli colloca la pratica del bene prima dell'insegnamento, mostrando che si potrà utilmente insegnare soltanto avendo messo prima in pratica quanto si insegna, e mai altrimenti. Altrove Gesú dirà: "Medico cura te stesso" . Colui che è incapace di ben regolare la sua vita e cerca di educare gli altri, rischia di essere deriso da molti; anzi, non potrà neppure insegnare, perché le sue azioni testimonieranno il contrario delle sue parole».

L'annuncio della parola senza la testimonianza era di scandalo ai pagani come lo è ora ai non cristiani e porta al biasimo, come allora portava alla bestemmia piuttosto che alla conversione.

Nella seconda lettera di Clemente Romano ai Corinti, si legge: «...Quando i pagani ascoltano dalla nostra bocca i detti di Dio, ne ammirano la bellezza e la grandezza; ma, quando poi si rendono conto che le nostre opere non corrispondono alle nostre parole, allora cambiano idea e cominciano a bestemmiare, dicendo che il cristianesimo è solo un mito e un inganno».

E ancora Agostino: «Le sue parole rimangono in noi, quando facciamo quanto ci ha ordinato e desideriamo quanto ci ha promesso; ma quando invece le sue parole restano, sí, nella nostra memoria, ma non se ne trova traccia nella nostra vita e nei nostri costumi, allora il tralcio non fa piú parte della vite, perché non assorbe piú la vita dalla sua radice».

Come il corpo respira per vivere, cosí l'anima per vivere deve vivere la parola.

«La nostra mente - dice Ambrogio - resti sempre con lui: mai si allontani dal suo tempio, mai si distacchi dalla sua parola. Stiamo sempre intenti alla lettura delle Scritture, alla meditazione, alla preghiera: sicché la parola di "Colui che è" sempre operi in noi».

Bisogna vivere la Parola, incarnarla in noi fino al punto di essere quella parola vivente.

Basterebbe una parola per santificarci, per essere un altro Gesú.

Attraverso il tempo noi viviamo molte parole della Sacra Scrittura cosicché esse rimangono patrimonio indelebile della nostra anima.

Viverla nel momento presente della nostra vita è il nostro compito.

E tutti la possiamo vivere, di qualunque vocazione, di qualunque età, sesso, condizione noi siamo, perché Gesú è luce per ogni uomo che viene in questo mondo.

Con questo semplice metodo rievangelizziamo le anime nostre e con esse il mondo...

Cosí e solo cosí: facendo la verità, amiamo! Altrimenti l'amore è un sentimentalismo vacuo. Mentre l'amore vero è Cristo Gesú, è la Verità, il Vangelo!

Siamo Vangeli viventi, parole di vita, altrettanti Gesú! E lo ameremo veramente, e imiteremo Maria Santissima la Madre della Luce, del Verbo: la parola vivente.

Noi non abbiamo altro libro all'infuori del Vangelo, non abbiamo altra scienza, altra arte. Lí è la Vita! Chi la trova, non muore.

Le tre Comunioni

Per il cristiano tre possono essere le comunioni quotidiane: comunicarsi con Gesú Eucaristia, con la parola di vita e col fratello.

Per ciascun cristiano la parola del Vangelo deve essere la veste, l'abito nuziale della sua anima, sposa di Cristo.

Maria, la cristiana per eccellenza, è tutta rivestita della parola di Dio, anzi la parola di Dio personificata.

I Padri, che rispecchiano la mentalità della Chiesa primitiva, mettono spesso sullo stesso piano il Corpo di Cristo e la parola di lui.

Già Clemente alessandrino indica che ci si deve nutrire del seme di vita contenuto nella Bibbia, come dell'Eucaristia.

«Mio rifugio è il Vangelo, che è per me come la carne di Gesú» , dice Ignazio martire.

E Girolamo: «Noi mangiamo la sua carne e beviamo il suo sangue nella divina Eucaristia, ma anche nella lettura della Scrittura».

E Gregorio nazianzeno paragona questa lettura alla consumazione dell'agnello pasquale.

E Tertulliano, nel libro della Risurrezione, raffronta la parola, che dà vita, alla carne del Figlio di Dio.

E il sapiente Origene scrive che la parola, che nutre le anime, è una specie di altro corpo di cui il Figlio di Dio si è rivestito...

Ed è di Agostino questo discorso: «Ditemi, fratelli, che cosa vi pare che valga di piú: la parola di Dio o il Corpo di Cristo? Se volete rispondere il vero, dovete convenire che non è meno la parola che il Corpo di Cristo. E quindi, se quando ci viene somministrato il Corpo di Cristo usiamo ogni attenzione che non ne cada nulla dalle nostre mani per terra, allo stesso modo dobbiamo stare attenti che la parola di Dio, quando ci viene somministrata, non svanisca dal nostro cuore, perché parliamo o pensiamo ad altro. Non sarà meno colpevole chi avrà accolto negligentemente la parola di Dio, che colui che per sua disattenzione avrà lasciato cadere in terra il Corpo di Cristo».

E per concludere questo paragone tra parola di Dio e Eucaristia, ecco quanto dice il Concilio Vaticano II: «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella Sacra Liturgia, di nutrirsi del pane della vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli».

Non ci rimane che camminare per questa via, ben aggrappati alla parola. Essa, come l'Eucaristia, ha moltiplicato la presenza di Gesú sulla terra.

Ciò è di grande conforto, ma è pure una grande responsabilità se vogliamo presentarci al mondo quali autentici seguaci di Gesú.

E che cosa c'è di piú ambito e di piú grande?