Natalia

DALLAPICCOLA

Il testamento

di Gesù:

che tutti siano uno

II tema della meditazione che dovrei svolgere non è tanto un argomento da esporre, ma un'esperienza di oltre 50 anni. Ho avuto la grazia di essere con Chiara fin dall'inizio, quando nel 1943 la violenza della guerra ha fatto da sfondo agli inizi di questa «divina avventura», l'avventura dell'unità.

Avevo allora 19 anni e l'incontro con Chiara - che per me ha significato l'incontro personale con Dio Amore - ha capovolto la mia vita, e non solo la mia, ma quella di tanti altri con i quali abbiamo condiviso gli inizi di questa grande e nuova esperienza.

Proprio in quei primi mesi avvenne un episodio che marcò tutta la nostra vita. Un giorno Chiara, con alcune di noi, si trovò in una cantina al riparo dai bombardamenti. Aprendo il vangelo al lume di una candela, l'attenzione di Chiara cadde sulla preghiera sacerdotale di Gesù. Ed ecco la meraviglia: era come se quelle parole difficili, molto difficili per noi ragazze, si illuminassero ad una ad una, dandoci l'impressione di capirle e subito una cosa fu chiara: quella pagina di S. Giovanni era la magna carta di tutto ciò che stava per nascere! Il programma del nostro Movimento, tutto incentrato sul Testamento di Gesù: che tutti siano uno.

L'ideale dell'unità, che Dio faceva splendere nei nostri cuori illuminava quei tempi di odio e di laceranti divisioni.

L'unita: un segno dei tempi

Se guardiamo al mondo di oggi dobbiamo con ancor più convinzione e coraggio ricercare l'unità. Il mondo infatti è travagliato da molteplici conflitti: atroce guerra nella Bosnia-Erzegovina, tensioni nel Caucaso, nel Medio Oriente, nel Sud-est asiatico in vari Paesi dell'Africa; in generale: esplosione di fenomeni di xenofobia, di integralismo, contrasti tra etnie, delinquenza organizzata e così via.

Eppure, se noi siamo appena un po' sensibili al modo di vedere non solamente terreno e ci lasciamo guidare dallo Spirito, possiamo aggiungere un'altra constatazione: nonostante tutti questi contrasti, il mondo tende all'unità.

Da decenni, esponenti di molte Chiese si prodigano per arrivare all'unità fra cristiani, e così pure organismi quali il Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra esprime il desiderio di avvicinamento l'incontro tra fedeli di diverse religioni come è stato ad Assisi nel 1986 e in molti altri luoghi e come avviene negli incontri della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace (RECRP).

È frequente il dialogo e avviata la collaborazione con persone di buona volontà per la libertà, la pace, la giustizia tra i popoli, per l'ecologia, contro la fame nel mondo e nel campo scientifico e culturale. Danno testimonianza di aspirazione all'unità l'esistenza ormai pluriennale di enti e organizzazioni internazionali soprattutto l'ONU; i tentativi di accordi, il lavoro per l'integrazione fra Stati europei; la quasi universale accettazione - almeno sulla carta - dei diritti umani (Helsinki, Vienna); gli aiuti internazionali promossi dalle nazioni e dal volontariato, e altre iniziative.

Favoriscono inoltre l'unità i moderni mezzi di comunicazione, che fanno del mondo un «villaggio globale». Il nostro Familyfest '93 per tre ore ha collegato 87 Paesi in contemporanea, via satellite

Il Concilio Vaticano II ha parlato dell'unità come Un segno dei tempi.

La preghiera di Gesù: che siano uno

In questa tensione del mondo all'unità c'è una Parola del vangelo, che nel tempo attuale lo Spirito Santo pare voglia sottolineare a tutti i cristiani e in modo particolare a noi del Movimento dei focolari ed è questa «Tutti siano Uno» (cf. Gv 17, 21). È quella preghiera riportata da S. Giovanni, che lo Spirito Santo sembra aver posto alla nostra particolare attenzione la preghiera di Gesù per l'unità (Gv. 17).

Fu proprio nei primi tempi che Chiara, e noi con lei, rimanemmo profondamente colpite da questa preghiera di Gesù Ricordo che ci raccogliemmo intorno a un altare e, inginocchiate, abbiamo chiesto a Gesù la grazia di poter vivere fino in fondo quella pagina e di farci, se credeva, suoi Strumenti per la realizzazione di essa. È iniziato così un periodo nel quale ci sembra che il Signore ci abbia insegnato, grado a grado, come si fa l'unità. E anche oggi un'invocazione fiorisce nel nostro cuore «Signore, fammi strumento d'unità».

Ma che cos'è l'unità? Chi deve operare l' unità'? L'unità è l'ideale di Gesù. Egli è venuto nel mondo per farci uno con sé e, per lui, uno col Padre; e per farci uno fra noi. È venuto in terra per realizzare l'unità. L'unità è anche compito della chiesa, che pure tende a realizzare l'unità degli uomini con Dio e fra di loro.

L'unità cristiana è opera di Dio. Noi non possiamo, non abbiamo mezzi sufficienti per costruirla. Noi possiamo fare la nostra parte, quella che Dio ci chiede, perché la sua grazia abbia il massimo effetto.

Vedere in tutti dei candidati all'unità

E vediamo ora quale può essere questo nostro contributo. Io trovo la risposta nelle parole di Chiara, quando per la prima. volta, nel '46, ci comunicò questa sua idea Sentiamola: «Se guardiamo a Gesù con gli occhi di bambini, vediamo che egli ci ha insegnato, in pratica, soltanto due cose, che poi sono una essere figli d'un solo Padre ed essere fratelli gli uni degli altri.

Dobbiamo guardare all'unico Padre di tanti figli e vedere tutti gli uomini come figli dell'unico Padre

Sarà necessario, allora, superare ogni limite umano e tendere con continuità alla fratellanza universale in un solo Padre, Dio».

Ecco una prima idea semplice di quel tempo che può aiutarci a fare la nostra parte perché regni nel mondo più unità.

Questa idea ci impegna ad elevarci, e ad elevare gli altri a questa visione della realtà; ci chiama ad amare tutti, perché tutti sono figli di Dio, a vedere in tutti, nonostante i nostri ragionamenti, le nostre preferenze, le nostre, anche se inconsce, discriminazioni, dei possibili candidati all'unità con Dio e col prossimo.

Ma in più di cinquant'anni che seguo Chiara ho visto lo svilupparsi di questa prima idea della spiritualità dell'unità e io sono stata formata ad essa tutta la vita. Vorrei perciò esporla rifacendomi liberamente al suo carisma con citazioni precise o ricordi dal vivo.

Amare il prossimo nel momento presente

Amare tutti. Come? Amando il prossimo.

Ma chi è il prossimo'? Lo sappiamo: non dobbiamo cercarlo lontano. Il prossimo è il fratello o la sorella che ci passa in qualche modo accanto nel momento presente della vita. Il mio prossimo ora siete voi, tutti. Il vostro prossimo sono io, ed è quello seduto accanto a ciascuno di voi.

Occorre, per essere cristiani, amare questo prossimo, ora, concretamente; non quindi in modo futuro, ma presente, non in modo astratto, ma reale.

Ci dicevamo i primi tempi e anche adesso: il cristianesimo non è uno scherzo, il cristianesimo è una cosa seria; non è un po' di patina, un po' di compassione, un po' di elemosina. No. È facile far l'elemosina per sentirsi con la coscienza a posto e poi criticare quello o quell'altro, comandare, opprimere ...

Servire

Amare. Ma che cosa significa?

Ce l'ha detto Gesù morendo in croce per tutti noi e lo ha esemplificato, prima di morire, lavando i piedi ai discepoli (cf. Gv 13, 1-17).

Se egli, il Signore e il Maestro, ha lavato i piedi a noi, vuol dire che amare significa servire.

E se egli, Dio, ha lavato i piedi a noi uomini, significa che nessuno di noi uomini è disimpegnato dal servire gli altri uomini.

Il cristianesimo è amore e l'amore è servizio. Tutti i cristiani, qualsiasi posto occupino, hanno un solo compito: servire, anche se insegnano, anche se debbono correggere, anche se debbono governare.

Servire: e qui ce n'è abbastanza per convertirci tutti e riconvertirci ogni giorno per rivedere ogni nostro rapporto: in famiglia, al lavoro, a scuola, in parrocchia, in seminario, con i buoni, con i cattivi: fra noi cristiani, con i fedeli di altre religioni; con quelli che non credono; con persone di razza diversa dalla nostra...

Voi potrete dire: impossibile! Ma come si fa a servire? Devo portargli proprio il vestito, se lui non ce l'ha: devo proprio portargli da mangiare?

Ma certo, anche questo! Gesù parlava di un servizio concreto: coi muscoli, con le gambe, con la testa...

Vivere l'altro

Servire. Ma qual è il miglior modo di servire?

E Chiara, a questa nostra domanda, ci risponde con due parole che sono fantastiche, che non si dovrebbero mai dimenticare: «farsi uno».

Che cosa significa? Adesso in termini più moderni si direbbe: «vivere l'altro» cioè non vivere più noi stessi, non vivere secondo le esigenze del nostro io egoista.

Vivere l'altro: cercare di penetrare nell'altro, nei suoi sentimenti, cercare di condividere le sue gioie, cercare di portare i suoi pesi; sentire in me i suoi problemi e cercare di risolverli come cosa nostra, fatta nostra dall'amore.

È il «farsi debole con i deboli», il «farsi tutto a tutti» di Paolo (cf. 1 Cor. 9, 22).

Ma non è una cosa semplice. Esige da noi l'essere poveri in spirito (Mt. 5, 3), esige la continua morte di noi stessi. E a volte non riusciamo a «Farci uno» perché, anche inavvertitamente, siamo ricchi delle nostre idee, del nostro modo di sentire.

Farsi poveri davanti ai fratelli come Gesù in croce...

Lo Spirito Santo ha suggerito a Chiara fin dall'inizio un modo per realizzare questo «farsi uno»: è la contemplazione del mistero di Gesù nel suo grido «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc. I5, 34; Mt 27, 46), nostro modello.

Egli ci insegna come essere poveri di spirito per amore degli altri.

Chiara così lo descrive: «Nessuno è più povero di lui. Egli, dopo aver perso quasi tutti i discepoli, dopo aver donato la Madre, dà anche per noi la vita» quella fisica e sembra dare anche quella intima che per Lui è l'unione col Padre.

Potremmo dire - continua Chiara - che «Gesù crocifisso nel suo grido d'abbandono ha sperimentato la più grande separazione, la più grande disunità, la più grande divisione che si possa pensare. Egli sembrava essere caduto, per amore di noi, in un infinito, abissale spacco: quello di sentirsi Lui, Dio, separato, abbandonato da Dio. E questo per riunire noi, peccatori, a Dio e riunirci tra noi.

Solo guardando Lui, solo seguendo Lui, che così abbandonato si è riabbandonato al Padre - "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc. 23, 46) - e unendo il nostro dolore al Suo, avremmo anche noi potuto superare le divisioni» e ogni difficoltà anche nel «farci uno» veramente con l'altro.

E a Lui - sul nascere del Movimento - ci siamo votate, come fanno ora tutti coloro che nel Movimento vogliono concorrere senza mezze misure a portare l'unità.

... fino a suscitare l'amore reciproco

Amare tutti, servire tutti, «farsi uno» con tutti.

E questo risulta oltre tutto un metodo di diffusione del Regno di Dio molto fruttuoso. Il prossimo, amato così spesso viene conquistato da Cristo, da Cristo che vive in noi sulla morte del nostro io. San Paolo lo conferma: «Farsi servi di tutti per guadagnarne il maggior numero» (cf. 1 Cor 9,19)

E che cosa succede della persona conquistata da Cristo? Che anch'essa vuole amare, che anch'essa vuole farsi uno e prova e cerca di farsi uno con tutti e quindi anche con noi.

Che cosa avviene allora? Che siamo in due a farci uno reciprocamente, ad amarci veramente come Gesù vuole, cioè fino ad essere pronti a dare la vita l'uno per l'altro.

E quando due persone si incontrano e si amano così, succede un fatto straordinario. Se due o più cristiani si amano a vicenda con questa fiamma di amore divino, il risultato non è un gruppo e neppure la semplice unione dei cuori: è Gesù stesso.

Infatti Gesù ha detto: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt. 18,20).

L'unità vissuta porta la presenza del Risorto

L'unità - si può dire - è Gesù, è il Risorto. E gli effetti che avvertiamo quand'egli è presente in mezzo a noi, sono i frutti dello Spirito, del suo Spirito: pace, gioia, luce, maggiore disponibilità al bene.

Ognuno riemerge poi dall'unità più se stesso, secondo il modello della Trinità..

Gesù risorto ha detto «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Ed egli è rimasto.

E - lo sappiamo - nella sua chiesa, che è il suo Corpo mistico; è con ciascun cristiano, specie con chi lo annuncia. Egli è presente nell'Eucaristia; si nasconde dietro i piccoli, i poveri e coloro che soffrono; parla attraverso coloro che egli chiama a guidare la sua chiesa: è nelle sue Parole. Gesù è lì. Gesù è presente sulla terra in tutte queste maniere.

Ma oggi molti non lo vedono. Perché, chi ricorda la Parola di Dio? E ciò che traspare dai poveri è tutt'altro che la gloria di Cristo; nell'Eucaristia egli è nascosto.

Ai nostri tempi dov'è che si può vedere Gesù? sperimentare la sua presenza? dove? In mezzo a noi. Con questa sua presenza possiamo dire che Cristo non è morto; è morto, sì, ma è risorto, è anche con noi, in mezzo a noi! Gesù può essere qui nella Comunità.

E Gesù, primo e vero evangelizzatore del Movimento, ci sprona a vivere tutte le parole del vangelo, che lui ci ha detto perché le vivessimo.

L'unità vissuta «genera Gesù in mezzo» a noi - come ha detto Paolo VI - lo esprime, lo evidenzia, lo manifesta. L'unità mostra al mondo il Risorto e, chi la incontra, incontra Lui e per questo può credere: «... che siano uno affinché il mondo creda» (Gv. 17,21).

La presenza del Risorto: via al dialogo

Quest'unità, nell'incontro con persone di altre fedi, è una testimonianza, è via al dialogo. E se vogliono poi rimanere in contatto con noi, collaborare con il Movimento assetate di sentir parlare di Gesù, soprattutto di Gesù abbandonato. E a volte godono talmente della presenza di Gesù fra noi da dichiarare di avvertirlo presente.

Ci sono pure esponenti a livello nazionale di Grandi Religioni che invitano i fedeli ad educare i giovani secondo lo spirito del Movimento dei focolari. Ricordo un incontro con il buddista giapponese, il venerabile Etai Yamada, alta personalità della corrente Tendai, ora scomparso, che mi diceva: «Se per tre o quattro generazioni si vivesse secondo lo spirito di Chiara il mondo cambierebbe».

La presenza del Risorto tocca anche quelli che sono indifferenti alla religione, che non appartengono a nessuna chiesa o sono di convinzioni diverse. Vogliono restare in contatto col Movimento. Ci lega a loro l'obiettivo di fare il mondo migliore, più unito, con una fraternità più salda. E intanto assimilano principi cristiani che s'innestano meravigliosamente sulle loro coscienze rette, e alcuni di loro trovano Cristo e la chiesa.

Ravvivare le nostre comunità

Fratelli carissimi, è questo il tempo in cui nella nostra vita cristiana dovremmo dare i1 maggior risalto possibile a questa presenza di Gesù (cf Mt 18, 20).

Quante volte le nostre comunità e persino le nostre famiglie sono spezzate dalle divisioni, dalle tensioni e dai litigi: cerchiamo di meritare la presenza di Gesù in mezzo e le vedremo risplendere!

Quante volte desidereremmo ravvivare le strutture della chiesa perché nella parrocchia, nella diocesi ci siano lo spirito dei primi cristiani, la comunione dei beni, quel fervore, quell'aderire alla Parola ...

Portiamo questa speciale presenza di Gesù in tutte le nostre comunità.

Di fronte a Lui nessuno rimane indifferente. Ecco perché individui, gruppi, famiglie, associazioni, parrocchie, comunità religiose fraternizzano facendo avanzare così nella chiesa l'attuazione piena del testamento di Gesù!

Suscitare la presenza di Gesù fra cristiani di confessioni diverse

E poi: che la sua presenza risplenda fra le Chiese. Facciamo vedere quanto è vero che è molto più quello che unisce i cristiani di quello che li separa.

Mentre lo Spirito Santo (che promuove vari organismi ecumenici, che stimola lo studio delle commissioni teologiche, gli incontri fra i Capi di Chiesa, e la comune preghiera) sta spingendo alla piena comunione il mondo cristiano, dobbiamo ricordarci che se non ci è possibile condividere ogni manifestazione della nostra fede, Gesù può vivere in mezzo anche a cristiani di confessioni diverse: ce lo garantiscono il comune battesimo e l'amore reciproco.

Ecco perché cristiani di varie Chiese (i cristiani che vivono lo spirito del Movimento appartengono a circa 200 Chiese) si sono riscoperti fratelli e sorelle in Gesù e vivono uniti in tutto ciò che è possibile.

È l'Amore, soprattutto, che Dio vuole veder rifiorire fra tutti i suoi figli, quell'amore che è l'unico distintivo da cui anche oggi il mondo ci può riconoscere come tali.

Togliamo dunque ogni prevenzione, ogni paura, ogni preoccupazione e lanciamo fra tutti una grande corrente di stima, di accoglienza, d'amore reciproco.

Quando il S. Padre venne a visitare il Centro del Movimento a Rocca di Papa, nel 1984, in quella giornata indimenticabile, ci rivolse un augurio che per noi rappresentò un nuovo impegno di vita. Ci disse: «Vi auguro di portare nel mondo di oggi, che ne ha tanto bisogno, l'amore e, tramite l'amore, Dio». È questo quanto vorremmo si realizzasse anche oggi.