"Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli" (Giovanni 8,31)

DISCEPOLI, SE FEDELI ALLA PAROLA

La vita spirituale nasce dall'iniziativa di Dio che, nella rivelazione, instaura un dialogo d'amore con noi. La Parola che Dio ci rivolge è la Persona stessa del Figlio, che si fa uomo per raggiungerci pienamente. Nello stesso tempo essa nasce dalla nostra risposta alla sua Parola, e cresce con l'adesione credente e obbediente al suo progetto d'amore: è frutto dell'abbandono al suo amore che ci dona tutto.

La vita spirituale, nel suo significato piú profondo, è quindi vita in Cristo, nella progressiva e piena trasformazione in lui, operata dallo Spirito Santo, fino al punto da poter dire: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me" (Gal 2, 20). La vita spirituale è la vita di Cristo nel suo corpo che è la Chiesa ed in ciascuno di noi; una vita orientata al Padre fino ad essere introdotti nella sua intimità. La Parola che Dio ci rivolge in Gesù è proprio il modo pratico e concreto di vivere "in Cristo" e di lasciarci vivere da lui, di essere lui e con lui nel Padre.

Nel precedente incontro abbiamo guardato al contenuto ed al tessuto della Parola: ogni parola di Dio contiene il Verbo.

In questo secondo incontro, per approfondire lo stretto legame tra Parola di Dio e vita spirituale, ci soffermiamo su quanto la Parola opera in noi e sull'atteggiamento che siamo chiamati ad avere nei suoi confronti.

Scrive il noto biblista Zevini: "Se ancora oggi nella Chiesa, nonostante tanto risveglio intorno alla Bibbia, si deve lamentare una certa sterilità della Parola, questo è dovuto al fatto che da piú parti essa viene ancora accostata in modo più intellettuale che sapienziale, più speculativo che "orante"". Buon ascoltatore infatti della Parola è colui che la mette in pratica (Mt 7, 24)

 

1. Una Parola che genera vita

Nell'Antico Testamento la Parola è presentata come creatrice di vita: "Tutto è creato dalla sua Parola" (Sap 9, 1). Gesù, parlando delle sue parole le qualifica come "spirito e vita" (Gv 6, 63). E ancora: "Se uno osserva le mie parole non vedrà mai la morte" (Gv 8,51). Gli apostoli ne sono ben consapevoli quando gli dicono: "Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6, 68).

L'innesto del tralcio con la vite avviene ad una precisa condizione: "Se rimarrete in me e le mie parole rimangono in voi ... " (Gv 15, 7). Rimanere in Cristo ed avere in noi la sua parola sono, in certo senso, sinonimi. Le sue parole sono la linfa vitale che scorre in noi e che ci fanno una cosa sola con lui e tra noi.

Quando poi Gesù afferma: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8, 21), ci fa capire che la parola di Dio ci rende consanguinei con lui: persone della sua famiglia. Se si vive la Parola scorre in noi il sangue di Gesù che ci rende uno con lui dal di dentro.

La Chiesa, come ricorda la Dei Verbum, si preoccupa di "nutrire di continuo i suoi figli con le divine parole", presentando così la Scrittura come cibo che alimenta la vita. Per indicare poi gli effetti vitali della Parola si esprime con una molteplicità di immagini: parla di vigore, di forza, di illuminazione della mente, di rafforzamento della volontà, di ardore rinnovato, di nutrimento, di rinnovamento...

Lungo tutta la tradizione cristiana è costantemente ricorrente il legame tra Parola ed Eucaristia, ambedue alimento del cristiano. Dice sant'Ambrogio: "Si beve il sangue di Cristo dal quale siamo redenti, come si bevono le parole della Scrittura: esse passano nelle nostre vene e, assimilate, entrano nella nostra vita". San Girolamo afferma altrettanto chiaramente: "La Parola di Dio è quella carne e quel sangue di Cristo che entra in noi per il tramite dell'ascolto".

Nella linea della tradizione e con illuminazione carismatica Chiara Lubich scrive: "Il destino della Parola è quello di "esser mangiata" per dar vita a Cristo in noi e a Cristo fra noi. Come nell'Ostia Santa è tutto Gesù, ma anche in un pezzettíno di essa, così nel Vangelo è tutto Gesù, ma anche in ogni sua Parola". E presentando la prima scoperta e la prima esperienza dice: "come il corpo respira per vivere, così l'anima per vivere attua la parola"

Se la Parola viene accolta e compresa per quello che è - Cristo stesso - essa fa di quanti la vivono un altro Cristo; opera una autentica trasformazione in Cristo. Siamo fatti "parola in lui Parola ": è il compimento della vita spirituale. E' Gesù che si fa Vita

I santi hanno sperimentato l'interiore trasformazione che, mediante la parola, li aveva introdotti alla comunione con Lui: "Io spiego tutta la Scrittura con la mia vita", diceva ad esempio san Nilo.

Vivendo la Parola si raggiunge la pienezza della vita spirituale, quella autentica santità che è adesione piena a Cristo, trasformazione in lui, introduzione nella vita trinitaria.

 

2. Una Parola che domanda di essere vissuta.

La parola di vita è tale non solo perché è capace di "generare la vita", ma anche perché domanda di essere vissuta. "Si viveva la parola di Dio, scrive Chiara ricordando gli inizi della sua esperienza spirituale. Si viveva: era questo a cui maggiormente ci spingeva lo Spirito Santo".

Riecheggia il comando "Ascoltatelo" che il Padre rivolge ai discepoli sul monte nei confronti del Figlio suo, Parola pronunciata dall'eternità (Mt. 17,5).

Si tratta di un ascolto, come ripete la Scrittura, fatto non soltanto con le orecchie, ma col cuore. La parola di Dio deve infatti essere tenuta "fissa nel cuore". Questa Parola "è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore perché tu la metta in pratica" (Dt. 6,5 e 30, 11-14).

La Parola porta frutto soltanto se trova un terreno buono, ossia quando cade in un "cuore buono e perfetto" (Lc 8, 15). "Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori" (Gc 1, 22).

Non si tratta infatti di una accettazione passiva. L'ascolto autentico, quello del cuore e non solo dell'udito, equivale all'assimilazione e interiorizzazione della Parola, al punto che essa informa tutto il vissuto cristiano e plasma l'uomo nuovo.

La vita che nasce dalla Parola si esprime fin all'inizio in una esperienza che risulta particolare. "Quando una di queste parole - afferma Chiara - cadeva nella nostra anima, ci sembrava che si traformasse in amore. Si poteva affermare, per la continuità del vangelo vissuto, che la nostra vita interiore era tutta amore". E si dava questa spiegazione: siccome Dio è Amore e ogni sua parola è carità, ogni parola accolta "va in amore". E' Dio stesso che, come Amore, si comunica nella sua parola e, comunicandosi, trasmette la sua capacità di amare.

La vita spirituale, incentrandosi a vivere la parola, si semplifica: si concentra nell'amore e si esprime nell'amare.

Da Chiara e dalla sua esperienza veniamo a prendere parte ad un particolare dinamismo spirituale contenuto nella "pratica" della parola biblica. Ogni Parola, spiega Chiara, comprende una parte che possiamo chiamare "negativa", ascetica, che richiama appunto e contiene, in certo modo, la kènosi del Verbo, ed una parte "positiva", che richiama e contiene la sua glorificazione. La parola "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio" (Mt 5,8), ad esempio, contiene in sé la dimensione "negativa" della rinuncia, quale morte di sé, richiesta dal vivere la purezza del cuore, e la dimensione "positiva" della visione di Dio. E' la condivisione del cammino di Gesù, cammino di amore al Padre e all'umanità, che entra nell'itinerario dell'uomo: Gesù che si fa "Via".

 

3. Una parola che si comprende attuandola.

Uno dei frutti del vivere la Parola è la comprensione sempre più profonda di essa. A mano a mano che la si attua, la si comprende, e, più la si comprende, più la si pone in pratica. Vita e luce, amore e verità si richiamano costantemente l'un l'altro, aspetti di un unico atteggiamento esistenziale di apertura e di dedizione alla rivelazione.

Con grande efficacia, rileggendo il cammino spirtituale ed ecclesiale compiuto da lei e dall'opera, Chiara afferma: "Solo Dio può commentare Dio… Chi vive l'unità vede il Vangelo con l'occhio di Dio e vi penetra in profondità più o meno a seconda dell'esperienza, cioè della santità raccolta nella sua vita di unità". La comprensione della Scrittura è quindi proporzionata a quanto e a come la si vive.

La luce di questa esperienza si inserisce nella grande tradizione della Chiesa emersa nel Vaticano II con la Dei Verbum.

San Gregorio Magno spiega diffusamente il rapporto tra vita e comprensione. "Nella misura in cui ciascuno progredisce personalmente, in quella misura la Sacra Scrittura stessa progredisce dentro di lui. L'intelligenza delle parole divine cresce secondo la capacità di sentire di chi legge. Via via che uno progredisce verso le altezze, gli oracoli divini gli parlano di cose sempre più elevate, perché ciascuno trova nel testo sacro ciò che egli stesso diventa. La Scrittura cresce con chi legge".

Sinteticamente e incisivamente afferma San Bernardo: "Si comprende soltanto ciò che si vive esperienzialmente". Chiaramente Giovanni Cassiano fa presente: "Non è la lettura che ci fa cogliere il senso della Parola eterna, ma l'esperienza acquisita".

Sant'Agostino mette in correlazione l'amore generato dalla parola con la luce sempre nuova che ne deriva: "Soltanto il cuore vede il Verbo". San Bonaventura diceva di san Francesco: "Là dove la scienza professionale non riusciva ad entrare, penetrava invece la sensibilità dell'innamorato".

La spiritualità del Movimento dei Focolari, confermata da anni di esperienza, propone di porsi davanti alle parole di Gesù in un atteggiamento di amore, vivendole come un autentico personale incontro con Dio che parla e si comunica. La Parola non dice soltanto ciò che bisogna credere o fare, ma crea nello stesso tempo un rapporto personale con Gesù presente in essa. Vivere la parola è dunque un aprirsi alla comunione con Cristo che si dà all'uomo e nell'accoglienza della Parola c'è il dono di Gesù che si manifesta concretamente Vita, Via e Verità.

Con eguale intensità il dono dello Spirito Santo, apre i tesori della Parola di Dio.