DARE UN'ANIMA AL GIUBILEO DELL’ANNO 2000

Introduzione

Il Giubileo come "tempo di grazia" e come "evento di grazia"; "tappa significativa dell’incedere della chiesa verso la pienezza di Cristo" e "segno propizio che aiuti, quanti sono in ricerca, a scorgere le tracce della presenza di Dio nel nostro tempo". (TMA- IM).

"Il Giubileo non consiste in una serie di adempimenti da espletare, ma in una grande esperienza interiore. Le iniziative esteriori hanno senso nella misura in cui sono espressione di un impegno più profondo, che tocca il cuore delle persone." (Giov. Paolo II, sul pellegrinaggio 29/6/99). "Auspico di cuore che il Giubileo rappresenti l’occasione propizia per un coraggioso rilancio spirituale e per una straordinaria celebrazione dell’amore di Dio per l’umanità" (Giov. Paolo II – Messaggio ai giovani per la Giornata).

Commentando il mistero del Natale, S. Agostino offre un accostamento alla celebrazione del Giubileo della Redenzione: "Prepariamoci a celebrare il giorno di festa in cui il grande ed eterno giorno venne dal suo grande ed eterno giorno in questo nostro giorno temporaneo e così breve". Il Verbo di Dio è definito "grande ed eterno giorno", la radiante e folgorante luce di Dio, come luce unica che dà esistenza e consistenza alla realtà creata, senza la quale nulla esiste di ciò che esiste. "Dio, l’invisibile, è vivo e presente in Gesù, il Figlio di Maria: chi conosce Lui conosce Dio, chi vede Lui vede Dio, chi segue Lui segue Dio, chi si unisce a Lui si unisce a Dio. In Gesù, nato a Betlemme, Dio sposa la condizione umana e si rende accessibile, facendo alleanza con l‘uomo" (Giov. Paolo II – Messaggio per G. mondiale della giov. – 29/6/99).

Oggi molti "credenti" rivelano una tendenza a ritagliarsi una immagine di Dio secondo le prospettive dei loro bisogni e dei loro desideri. Il Dio "soggettivizzato" (quasi un Dio su misura) da parte di molti fa sì che un numero consistente di persone "religiose" non collochi, almeno esplicitamente, Gesù all’interno della propria esperienza di Dio. La celebrazione del Giubileo offre una occasione privilegiata, un tempo di grazia e di fede, per effettuare un confronto con la centralità di Gesù Cristo Crocifisso e Risorto "per rimettere a posto le cose " dentro e intorno a noi. Il ricordo dell’Incarnazione è impegno a riscoprire l’originalità e l’unicità dei Cristianesimo incentrato su Gesù Figlio di Dio e figlio dell’uomo. E’ Lui il vero criterio per giudicare la realtà temporale e ogni progetto che mira a rendere la vita dell’uomo autenticamente umana.Gesù è la risposta totale di Dio alla domanda totale dell’uomo.

Entrare nell’esperienza di Gesù significa entrare nella sua esperienza di amore. Nell’evento della croce Dio rivela il culmine ed il vero volto dell’amore, perché da tutto se stesso per coloro che non solo non meritavano il suo amore, ma perfino lo rifiutavano. L’amore che viene manifestato è vertice di gratuità, è modello di universalità che non esclude nessuno, è immagine di chi ama per primo senza attendere che altri gli si muovano incontro. I cristiani sono chiamati a rendere visibile nel mondo lo stesso amore che Gesù ha vissuto: esso diventa segno di credibilità e la testimonianza più verace. Anche le particolari dimensioni del Giubileo che si esprimono nell’indulgenza, nel pellegrinaggio, nella purificazione della memoria, nell’auspicata crescita del cammino ecumenico, richiedono di mettere radici in un’anima fatta nuova di fronte alla celebrazione della venuta del Redentore.

Il concetto che "il luogo santo è l’anima pura" diventerà anche un appello costante affinché la pratica del pellegrinaggio sia segno effettivo del progresso della santità personale. Ogni cammino diventa simbolo del pellegrinaggio interiore, come già ricordava sant’Agostino: "Rientra in te stesso, la verità abita nel cuore dell’uomo….Cerca Dio per trovarlo con maggiore dolcezza, e, dopo averlo trovato, per cercarlo con maggiore ardore". Itinerario quindi non tanto spaziale quanto interiore e vitale che rinnova la vita anche con il fare nascere una comunità (ecclesiale e civile) più fraterna che congiunge insieme la raccomandazione del Deuteronomio e lo spirito della prima comunità di Gerusalemme: "Non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi…se vi sarà qualche tuo fratello bisognoso in mezzo a te non indurire il tuo cuore e non chiudere la tua mano" (Deut 15,4) "Tutti quelli che erano venuti alla fede stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune" (Atti 2,44).

Di anima nuova ha bisogno l’indulgenza che richiede la pienezza della carità e il conseguente distacco anche dal peccato veniale. Scrive Paolo VI: "Le indulgenze non costituiscono un espediente facile per evitare la necessaria penitenza per i peccati, ma offrono piuttosto un conforto che i singoli fedeli, umilmente consci della loro debolezza, trovano nel corpo mistico di Cristo, il quale coopera alla loro conversione con la carità, con l'esempio e con la preghiera" (Lettera Sacrosanta Portiuncolae del 14 luglio 1966).

La crescita nell’unità tra tutti i cristiani delle diverse confessioni fino al raggiungimento della piena comunione (le prospettive del Giubileo la propongono come problema cruciale per la testimonianza evangelica nel mondo) ha le sue radici nella conversione del cuore e nella santità della vita che si devono ritenere "l’anima del movimento ecumenico". Infatti il desiderio e le strade di unità nascono e maturano dal rinnovamento della mente, dall’abnegazione di se stessi e dalla più spontanea effusione della carità (cfr. UR 7). E questa crescita può contare su un patrimonio comune che consiste in primo luogo sulle ricchezze di santità presenti in tutte le chiese (cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti) talora fino all’effusione del sangue. La comunione non ancora piena delle nostre comunità è in verità cementata saldamente nella piena comunione dei santi che partecipano alla vita del Cristo glorioso. Questa realtà fa comprendere meglio che la via del dialogo è sostenuta da quel rinnovamento della chiesa che consiste essenzialmente nell’accresciuta fedeltà alla propria vocazione.

Pure è rivolta ad un nuovo animo e a nuove scelte la coraggiosa presa di coscienza di Giovanni Paolo II che invita alla purificazione della memoria: "la chiesa deve farsi carico degli errori dei suoi figli…essa non può varcare la soglia del nuovo millennio senza spingere i suoi figli a purificarsi, nel pentimento da infedeltà, incoerenze, ritardi. Riconoscere i cedimenti di ieri è atto di lealtà e coraggio che ci aiuta a rafforzare la nostra fede, rendendoci avvertiti e pronti ad affrontare le tentazioni e le difficoltà dell’oggi". E’ un invito a fissare l’attenzione su ciò che è stato per un volto di chiesa che manifesti ciò che deve essere. E’ un volgersi verso una novità da far nascere da una avvenuta purificazione e come segno di speranza.

L’ANIMA DEL GIUBILEO

Lo sguardo amoroso della Chiesa in questo tempo è rivolto alla contemplazione di Gesù Cristo, l‘"Emanuele, che significa Dio con noi" (Mt. 1,23), Colui che fa "nuove tutte le cose" (Ap. 21,5). La cristianità si impegna ad attuare il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (Ef. 1,19). Nell’anno giubilare la Chiesa celebra e rivive il mistero del Verbo Incarnato, nel quale Dio parla ad ogni uomo ed ogni uomo è reso capace di rispondere a Dio. Più ancora, in quest’Uomo risponde a Dio l’intera creazione. "Obiettivo primario del Giubileo è il rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani" (TMA 42).

"Per conoscere Gesù abbiamo ricevuto il pensiero, per correre verso di Lui il desiderio, e la memoria per portarlo in noi; poiché mentre eravamo plasmati era lui l’archetipo: infatti non il vecchio Adamo è modello del nuovo, ma il nuovo è modello del vecchio" (Nicola Cabasilas)

La gioia (giubileo) per la venuta e la presenza di Gesù nel mondo. Riecheggia per noi la parola di Luca "Non temete, ecco, vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo Signore" (2, 11-12). L’invito alla gioia, nella chiesa, è unito allo sforzo di creare le condizioni affinché le energie salvifiche possano essere comunicate a ciascuno. (cfr. l'esortazione Gaudente in Domino scritta da Paolo VI in occasione del Giubileo del 1975)

"Il raggio primo della Pasqua, cioè della vita risorta in Cristo e in noi che cristiani vogliamo essere, è la gioia. Cristo è la gioia, la vera gioia del mondo. La vita cristiana, sì, è austera; essa conosce il dolore e la rinuncia,esige la penitenza, fa proprio il sacrificio, accetta la croce e, quando occorre, affronta la sofferenza e la morte. Ma nella sua espressione risolutiva, la vita cristiana è beatitudine. Ricordate il discorso-programma di Cristo, appunto sulle beatitudini. Così che essa è sostanzialmente positiva; essa è liberatrice, purificatrice, trasformatrice: tutto in essa si riduce a bene, tutto perciò a felicità nella vita cristiana. Essa è più che umana per la presenza viva e ineffabile dello Spirito che la abilita e dispone a credere, a sperare, ad amare. E' creativa. E' felice oggi, in attesa di una piena felicità domani (Paolo VI - Radiomes. per la Pasqua)

"Continuate a dare Gesù alla vostra gente, non con le parole, ma con l’esempio, amando Gesù, irradiando la sua santità e diffondendo la sua fragranza d’amore ovunque andate. La gioia di Gesù sia la vostra forza. Siate felici e in pace. Accettate tutto quello che vi dà, e date con un largo sorriso tutto quello che vi toglie. Appartenete a Lui. Ditegli: "Sono tua. Se mi tagliassi a pezzi, ogni frammento sarebbe ancora tutto tuo" (Madre Teresa di Calcutta)

La riconoscenza per il dono più grande che l’umanità ha ricevuto. "Tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di Lui grazie a Dio Padre" (Col. 3,17). Ringraziamento per il dono della Chiesa fondata come "segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano". Ringraziamento esteso ai frutti di santità maturati nella vita di tanti uomini e donne che in ogni generazione e in ogni epoca hanno saputo accogliere il dono della redenzione. "Lo spirito del Magnificat è lo spirito del Giubileo: nel cantico Maria dà voce al giubilo che Le colma il cuore perché Dio ha guardato l'umiltà della sua serva. Il Giubileo sia tutto un Magnificat che unisca la terra e il cielo in un cantico di lode e di ringraziamento per la mirabile opera dell'Incarnazione" (Giov. Paolo II, Omelia, 15/8/1999).

"Ti voglio bene, perché sei entrato nella mia vita più dell’aria nei miei polmoni, più del sangue nelle mie vene. Sei entrato dove nessuno poteva entrare, quando nessuno poteva aiutarmi, ogniqualvolta nessuno poteva consolarmi.

Ti ho guardato, e nel tuo volto ho letto la risposta, nelle tue parole la spiegazione, nel tuo amore la soluzione.

Ti voglio bene perché per tanti anni sei vissuto con me ed io ho potuto vivere di Te.

Dammi di esserti grata – almeno un po’ - nel tempo che mi rimane, di questo amore che hai versato su di me e m’ha costretta a dirti: Ti voglio bene. (Da Dialoghi di luce pg. 36)

"Il nostro amore e la nostra riconoscenza per Dio saranno grandi, al pensiero dei peccati commessi; più grandi, per i peccati rimessi, immensi per i beni promessi" (San Bonaventura)

La conversione per aderire totalmente al Signore e per ricuperare ogni passato. Sconfiggere il male è proprio della Redenzione. E’ Gesù che "toglie i peccati del mondo" e porta la pienezza della vita. Anche il volto della Sindone contiene un invito alla vera riforma del cuore, a uscire da sé e dare attenzione alle cose grandi, non facile da vivere, alle quali la vita cosidetta "normale" bada troppo poco.

Il Giubileo è nato come richiesta di perdono. Esso diventa un momento peculiare durante il quale il cristiano riflette più seriamente sulla sua vita e sulla sua testimonianza che deve dare della sua fede. La vita personale, tuttavia, è carica di contraddittorietà e il peso del peccato è parte integrante dell’esistenza. Essendo il giubileo "anno di misericordia", è destinato a far sperimentare più da vicino il perdono di Dio che è l’espressione più piena dell’amore.

A differenza delle altre religioni, il perdono cristiano è rivolto non solo a Dio perché abbia pietà e misericordia, ma anche verso la persona che ha offeso, sull’esempio di Gesù che, innocente, ha perdonato ai suoi crocifissori. Ai suoi discepoli Gesù ha insegnato la pienezza del perdono fino a settanta volte sette e nel Padre nostro fa trovare l’idea portante di esso con la corrispondenza tra il perdono del Padre e il perdono tra figli che ne è la condizione. Perdono è l’ultima parola pronunciata da chi ama. Solo l’amore infatti permette di comprendere appieno la necessità di ammettere la propria colpa e di dimenticare quanto si è ricevuto.

La diffusa perdita del senso del trascendente dell’esistenza umana pervade anche i figli della chiesa toccati dal secolarismo e dal relativismo etico. Quanta parte di responsabilità devono anch’essi riconoscere, di fronte alla dilagante irreligiosità, per non aver manifestato il genuino volto di Dio, a causa dei difetti della propria vita religiosa, morale e sociale.

"Se mi si chiedesse che cosa amo di più al mondo e che cosa ho di più caro, non saprei rispondere altro che: la Chiesa. Ma se mi si chiedesse cos’è la cosa più transitoria al mondo e cos’è che più dovrebbe cambiare, diventare "altro" dovrei rispondere: la Chiesa.

Perché la Chiesa fra tutto quello che ho in questo mondo, è ciò che più amo? Perché credo in questa Chiesa, con tutte le sue mancanze, con tutte le sue urgenze e tutte le cose di cui ha necessità, con tutta la sua provvisorietà e tutto ciò che potrebbe, in essa, essere diverso, essere "altro", Dio sia nel mondo. E se amo tutti gli uomini, proprio perché ho a cuore l’umanità, devo amare la Chiesa. Perché la Chiesa altro non è che il segno che Dio ha accolto e ha preso sul serio gli uomini, così come sono, nella loro povertà, nel loro nulla, nella loro provvisorietà e relatività.

Il mio "sì" all‘umanità tutta, quindi, è reale e autentico se inscrivo questa umanità in questo "sì" di Dio, nel suo operato, nella sua grazia, nel suo usare misericordia agli uomini". (Mons. K. Hemmerle, in La luce dentro le cose pg. 173)

La fraternità propria del seguire Gesù insieme. "Piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza legame fra di loro, ma volle costituire in Cristo un popolo che ha per legge il nuovo precetto dell’amore e per fine il suo regno e che per l’umanità sia germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza" (cfr. LG 9).

"Per poter essere "fermento e quasi l’anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio" (GS 40), la chiesa deve permanere nell’unità e crescere nella sua vita di comunione" (IM2).

"La comunione, nascosta nella profondità di Dio, rivelata e portata sulla terra da Gesù, è destinata ad incarnarsi nella storia ed è attuata nella misura in cui la carità tra i credenti viene sperimentata concretamente. L’amore evangelico porta il peso dei peccati e mantiene aperta la possibilità di conversione. Quando i cristiani diventano "un cuor solo ed un’anima sola", rivelano il volto di Dio e attirano gli uomini a Lui.

Il dono dell’unità viene dato a tutti: il luogo ordinario di questa esperienza è la parrocchia". (Catechismo degli adulti La verità vi farà liberi, n. 748 e s.)

La chiesa (e quindi la parrocchia che ne è la dimensione a portata d’uomo) non è solo segno, ma è strumento dell’unione tra Dio e gli uomini e degli uomini tra loro. Segno e strumento significano sacramento. In certo qual modo si può dire: ciò che i sacramenti sono per il singolo, la Chiesa lo è per l’umanità intera.

"Potremmo definire le comunità ecclesiali come dislocazioni terrene, agenzie periferiche, riduzioni in scala, di quella esperienza misteriosa che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo fanno in cielo. Nel cielo più persone eguali e distinte vivono a tal punto la comunione da formare un solo Dio.

Sulla terra, più persone uguali e distinte devono vivere la comunione, così da formare un solo uomo: l’uomo nuovo, Cristo Gesù. Ogni aggregazione ecclesiale, ha il compito di presentarsi come icona della Trinità.

Luogo di relazioni vere, cioè, in cui si riconoscano i volti delle persone, se ne promuova l’uguaglianza, e se ne impedisca l’omologazione nell’anonimato della massa" (Mons. Tonino Bello)

Impegno di evangelizzazione. "E’ doveroso, in questa speciale circostanza, ritornare con rinsaldata fedeltà all’insegnamento del Concilio Vaticano II, che ha gettato nuova luce sull’impegno missionario della Chiesa dinanzi alle odierne esigenze della evangelizzazione".

"L’evangelizzazione è la ragione ultima per cui la chiesa propone e incoraggia il pellegrinaggio, così da renderlo una esperienza di fede profonda e matura" (Pontificio Consiglio dei migranti, Il giubileo del 2000, 25.4.98).

La radice gioiosa del giubileo, di fronte alla venuta del Salvatore e alla sua presenza garantita nei secoli, è destinata a caratterizzare e favorire l'evangelizzazione. Paolo VI nella Evangelii nuntiandi sottolinea che il mondo ha bisogno di ricevere la bella notizia "non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradia di fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia di Cristo" (EN, n. 75).

Una parola che in certo modo esprime il Pontificato di Giovanni Paolo II è "nuova evangelizzazione". In molti interventi suoi viene affermato che questo è tempo di "impegno, non di rievangelizzazione, ma bensì di evangelizzazione nuova. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione". Dinanzi al "continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo e dell’ateismo che ispirano e sostengono una vita vissuta come se Dio non esistesse, solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda. Essa è destinata alla formazione di comunità ecclesiali mature nelle quali la fede sprigioni e realizzi tutto il suo significato originario di adesione alla persona di Cristo e al suo Vangelo. Si tratta di rifare il tessuto delle comunità ecclesiali per poter rifare il tessuto cristiano della società umana". (Redemtoris Missio, Christifideles flaici e Discorsi)

Spirito di condivisione e di servizio di carità. E’ significativo che, stimolo ad attuare il messaggio dell’amore che è centro del cristianesimo, le disposizioni per l’acquisto dell’indulgenza giubilare indichino come uno dei "luoghi" "il rendere visita per un congruo tempo ai fratelli che si trovano in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, handicappati, ecc.), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr. Mt. 25, 34) … Così l’astenersi almeno durante un giorno da consumi superflui (ad. es. dal fumo, dalle bevande alcoliche, digiunando e praticando l’astinenza) e devolvendo una proporzionata somma in denaro ai poveri; sostenere con un significativo contributo opere di carattere religioso o sociale (in specie dell’infanzia abbandonata, della gioventù in difficoltà, degli anziani bisognosi, degli stranieri nei vari paesi in cerca di migliori condizioni di vita; dedicando parte del proprio tempo libero ad attività che rivestono interesse per la comunità, o altre simili forme di personale sacrificio" (Norme della Penitenzieria, n° 4, 29.11.’98)

"Sei Tu, Signore crocifisso per noi, Colui che, buon samaritano, ci hai raccolto per via, che hai avuto compassione di noi, ci hai guarito, ci hai fatto rinascere alla vita. Tu sei colui che prima di ordinare agli Apostoli di rendersi il servizio vicendevole alla lavanda dei piedi, ti sei chinato ai piedi di ciascuno e ci hai lavato con amore. Noi ci sentiamo sotto il tuo sguardo e sotto la tua croce. Dalla coscienza di essere stati guardati ed amati così, nasce quella riflessione che forse ha fatto colui che scendeva da Gerusalemme a Gerico ed è stato soccorso dall’uomo di Samaria: "Che cosa potrei fare per chi ha fatto tanto per me? E se capitasse a me di passare vicino a qualcuno che trovasse nelle mie condizioni, che cosa farei?". Nell’intimo c’è la risposta: "Così come lui ha fatto a me, così come lui ha guardato me e mi sta guardando dalla croce, così come lui mi ha amato, così come lui mi ha lavato i piedi, così come lui mi ha accolto e rialzato , così anch’io, così anche noi".

Tu, o Signore, modello, forma, guida, forza, sostegno della nostra carità! Tu Figlio del Padre, rivelatore dell’amore del Padre per l’uomo! Tu che soffi su di noi lo Spirito d’amore, il quale ci conduce verso la pienezza della verità nella carità. (C.M. Martini in Farsi prossimo pg. 24)

"L’amore è comandamento antico già il punto più importante dell’Antico Testamento e presente in vari strati dell’umanità. Ciò che è specifico del cristianesimo è il modo con cui viene proposto il comandamento dell’amore, che perciò viene detto "nuovo" e "unico". Così Cristo dice: "Amatevi come io vi ho amato". Ed è in questo come che sta la diversità assoluta del cristianesimo (Davide M. Turoldo in La speranza non muore pg. 25).

Con Maria viventi in Cristo. I documenti che guidano al Grande Giubileo fanno riferimento ad una via mariana per viverlo. La TMA indica in Maria "la Stella che guida con sicurezza i passi incontro al Signore" (n. 59). La IM afferma che "la gioia giubilare non sarebbe completa se lo sguardo non si portasse a Colei che nell'obbedienza piena al Padre ha generato per noi nella carne il Figlio di Dio…. che ha vissuto pienamente la sua maternità portandola a coronamento sul Calvario ai piedi della Croce. Per dono mirabile di Cristo poi, qui Ella è diventata Madre della Chiesa, indicando a tutti la via che conduce al Figlio (n. 14). Dischiudendoci la sua esperienza di vita, Maria è guida che apre al mistero del Dio di Gesù Cristo, che introduce al mistero della Chiesa che si esprime come le molte membra che formano l'unico corpo del Dio fatto uomo, che pone di fronte al mistero dell'interiorità della persona davanti a Gesù Cristo. Il collegamento tra la nascita del Verbo Incarnato e la comunità cristiana di oggi è indicato nel legame tra l'Annunciazione e la Pentecoste come lo mette in evidenza Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater: "Nell'economia della grazia, attuata sotto l'azione dello Spirito Santo, c'è una singolare corrispondenza tra il momento della Incarnazione del Verbo e quello dlla nascita della Chiesa. La persona che unisce questi due momenti è Maria: Maria a Nazareth e Maria nel Cenacolo di Gerusalemme. In entrambi i casi, la sua presenza discreta, ma essenziale, indica la via della nascita dello Spirito. Così colei che è presente nel mistero ella nascita di Cristo come madre, diventa - per volontà del Figlio e per opera dello Spirito santo -presente nel mistero della Chiesa" (n. 24).