"LETTERA APERTA"
ai catechisti, ai genitori, e a tutti i "grandi"
che leggeranno (o,
ancor meglio, racconteranno) queste storie ai loro bimbi.
Innanzitutto
un'avvertenza... "teologica", se mai questi racconti
capitassero in mano a qualche "saggio". E'
chiaro che essi son frutto di pura fantasia e non hanno alcun riferimento
storico autentico. Anzi, nell'adattare certi contenuti ad un
linguaggio per bimbi, sono venute fuori alcune piccole
imprecisioni da un punto di vista rigoroso, come del resto tutte
le volte che per spiegare un concetto divino si vuol fare un esempio "terreno"
(vedi, per citarne una, la figura dell'acqua e della creta
mischiate, per esprimere l'unione di Gesù con ogni suo
discepolo). Ci sono anche delle... "anticipazioni storiche":
il dono dello Spirito e la presenza di Gesù in mezzo ai
"due o più" sono realtà diventate possibili solo dopo
la Risurrezione, e non prima nella vita di Nazareth.
Penso comunque che,
usando queste pagine nel loro giusto senso, e cioè non come racconti
di tipo evangelico, ma semplicemente come "parabole"
catechistiche che presentano realtà vere oggi,
da vivere nella loro essenzialità, non si corrano seri pericoli.
Una perplessità che
può nascere in alcuni è quella di presentare un Gesù molto concreto
ed "umano" (e talvolta anche un po'...
scherzoso: certo in questo tono sono i bellissimi disegni di
Cinzia e il "topolino" guida; e spero che nessuno se ne scandalizzi!).
Io penso invece che sia proprio giusto così. La Lettera agli Ebrei
infatti insiste che Gesù "doveva rendersi in tutto
simile ai fratelli",... "essendo stato Lui stesso provato
in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato" (Eb.
2,17.4,15). Lasciamo dunque che almeno i bambini, che hanno meno
complessi e si fanno meno problemi cerebrali di noi, possano
pensare ad un Gesù esattamente uguale a loro.
Ci può anche essere
la perplessità opposta: alcuni dei temi trattati sembrano troppo difficili
per dei bambini. Certamente questo è un po' vero ad una semplice
lettura: perciò, come sempre, sarebbe meglio che tali storie
fossero raccontate a viva voce, sapendo adattare anche con gesti
ed espressioni il linguaggio ai nostri piccoli uditori.
D'altra parte però
non bisogna dare ai bambini solo le briciole. E' scientificamente dimostrato
che essi capiscono molto di più di quello che pensiamo,
arrivando sovente a cogliere il nucleo dei contenuti anche senza
comprendere tutte le singole parole. E questo è soprattutto vero
nel campo della fede, dove, molto più che la maturità anagrafica
(anzi, talvolta, in proporzione purtroppo inversa...), conta la
semplicità del cuore! Certo, è condizione indispensabile che
chi racconta, creda e viva ciò che esprime.
Un'ultima
annotazione. Verrà naturale usare questi racconti (certo non necessariamente
nell'ordine stampato, ma piuttosto in modo
"occasionato" dai fatti che capitano concretamente)
come spunto per dei discorsi morali, di comportamento; e in questo
senso il tema proposto da ognuno è molto chiaro. Penso però che
non sia opportuno limitarsi a tale punto di vista. Infatti essi
sono anche molto ricchi di spunti (alcuni espliciti, ma molti
anche solo accennati) per un discorso catechistico su molte delle
verità principali della nostra fede: anche per questo vale il
principio che il bambino è molto più capace a ricevere tali
contenuti divini per intuizione da un racconto, piuttosto che da
noiose lezioni sistematiche, di solito troppo difficili per la sua
struttura mentale.
Naturalmente lascio
poi ai più volonterosi la ricerca dei singoli riferimenti ai
passi evangelici (che potrebbero anche essere fatti scoprire dai
bambini stessi).
Aldo BERTINETTI